Omelia (21-02-2008)
Paolo Curtaz


Dio conosce per nome il povero Lazzaro, ne conosce la sofferenza, mentre non ha nome il ricco spendaccione. Un abisso separa il ricco e Lazzaro: tra loro c'è un burrone incolmabile, l'indifferenza. La vita del ricco, non condannato perché ricco, ma perché indifferente, è tutta sintetizzata in questa terribile immagine: la sua vita è un abisso. Probabilmente buon praticante, non si accorge del povero che muore alla sua porta. L'abisso invalicabile è nel suo cuore, nelle sue false certezze, nella sua supponenza. Lazzaro, invece, chiamato per nome (tra l'altro: Lazzaro è una contrazione di Eleazaro che significa Dio ha aiutato) riceve da Dio l'attenzione negatagli dal ricco. Non possiamo tirarci da parte di fronte al dramma della povertà che è la negazione dell'uomo, davanti al problema della disoccupazione, davanti ad un'economia che mette al centro il profitto scordando l'uomo. L'attenzione al povero, che non si riduce ad un atto volontaristico e sociale tanto di moda oggi, consiste nel riconoscere nel povero il volto di Dio, e diventa misura della nostra fede. Noi, che abbiamo conosciuto Colui che è più di Mosé e dei profeti, non possiamo ignorare i tanti Lazzaro che muoiono alla porta di casa. Dio chiama per nome Lazzaro, si lascia coinvolgere, ascolta le sue ragioni, non lo liquida con una banconota, lo abbracci a sé, lo aiuta a crescere. Così la nostra comunità, sempre più, deve lasciare che lo Spirito susciti in mezzo a noi nuove forme di solidarietà che rispondano alle nuove forme di povertà.