Omelia (14-09-2003) |
padre Ermes Ronchi |
La croce, quell'amore che abbassa il cielo La festa della esaltazione della croce ha la sua origine in vicende storiche lontane, storie di imperatori, guerre, riconquiste. La croce ritrovata, sottratta, riconquistata nel VII secolo dall'imperatore Eraclio, è il motivo storico della festa. Ma il motivo spirituale è molto più profondo: la croce è lo svelamento supremo di Dio. Essere in croce è ciò che Dio, nel suo amore, deve all'uomo che è in croce. Perché l'amore conosce molti doveri, ma il primo di questi è di essere con l'amato. È in croce solo per essere con me e come me. Perché io possa essere con Lui e come Lui. Dio ha tanto amato il mondo. Tra i due termini, Dio e mondo, che tutto dice lontanissimi, incomunicabili, estranei, le parole del vangelo indicano un punto di incontro. Tra Dio e mondo il collegamento è dato da un terzo termine: ha tanto amato. Mondo amato, terra amata. Sono le parole sorgive, iniziali. Se non c'è amore nessuna cattedra può dire Dio. Dio ha tanto amato: questo mi assicura che la salvezza è che Lui ami, non che io ami. «Noi non siamo cristiani perché amiamo Dio. Siamo cristiani perché crediamo che Dio ci ama» (Xardel). Il contrario dell'amore non è l'odio, ma l'indifferenza, l'unica eresia che conta. Un doppio movimento ha reso possibile l'incontro: Cristo si è abbassato, scrive Paolo, fino alla morte di croce; Cristo è innalzato, dice Giovanni, sulla croce attirando tutto a sé. Tra Dio e il mondo il punto di congiunzione è la croce. Croce che solleva la terra, che abbassa il cielo, che raccoglie gli orizzonti, crocevia dei cuori dispersi. Innalzato, alto sul mondo, Cristo, il primo della grande migrazione verso la vita, colui che era disceso, risale per l'unica via, quella della dismisura dell'amore. Il crocifisso è l'icona più vera. Porta sulla terra il potere di Dio: quello di servire, non di asservire; quello di salvare, non di giudicare; quello di dare la vita, non di toglierla. Il crocifisso porta l'immagine vera dell'uomo. Vero uomo non è chi accumula denaro o potere, maneggia la lancia e spezza vite, non chi schernisce o deride. Vero uomo è lui, capace del dono supremo, fratello di ognuno, che muore ostinatamente amando, gridando forte a Dio tutta la sua pena, ma per mettersi nelle sue mani. Ciò che ci fa credere è la croce. Ma ciò in cui crediamo è la vittoria della croce (Pascal). Amore e morte, i due antagonisti immortali, secondo Freud, si disputano l'uomo e la sua fede. Ebbene sulla croce è proclamato a lettere di sangue, le uniche che non ingannano, la parola vincente, quella del Cantico dei Cantici: più forte della morte è l'amore. |