Omelia (18-03-2008) |
Paolo Curtaz |
Notte. Nel cuore di Giuda è buio fitto, la luce non riesce a scalfire la sua fragilità, la sua paura, il suo calcolo. È notte e tutto appare distorto, diverso, cambiato, difficile. Gli apostoli si guardano gli uni gli altri chiedendosi chi è il traditore, invece di guardare nel proprio cuore. Anche Pietro presume della sua fede. Giura, promette, rassicura... povero Pietro, non conosce ancora il suo limite. Ancora deve fare l'esperienza bruciante del suo fallimento per convertire il suo cuore e cambiare e gioire e garantire la fede dei suoi fratelli. Giovanni, il discepolo che Gesù ama, si china sul petto dell'amato Maestro per sapere di chi sta parlando e ne coglie il battito gonfio di passione d'amore. Ecco la misura dell'amore di Dio, fino a questo punto si è lasciato coinvolgere, fino a questa deriva arriverà la sua dedizione all'umanità. Silenzio, amici, facciamo silenzio e mettiamoci in ginocchio davanti a tanto amore, e chiediamo perdono per noi e per Giuda e per Pietro e per tutte quelle (troppe) volte che non capiamo, che non vediamo, che non cogliamo la misura dell'amore di Dio. Quella cena, quell'ultima cena, è il memoriale che celebriamo distrattamente nelle nostre chiese, ogni domenica, stanco rito consumato in fretta, senza cuore, senza passione, senza stupore. E ancora Dio rischia e si consegna all'indifferenza degli uomini sperando che cambino. |