Omelia (20-03-2008)
Paolo Curtaz


Gesù sa che tutto è perduto. La lontananza con i suoi è abissale, Luca dice che il litigio su chi sia il più grande tra i discepoli avvenne durante l'ultima Cena (che squallore!), Gesù avverte che nessuno (forse solo Giuda) ha colto la gravità della situazione. In quel contesto solenne, liturgico (si celebra la Pesah, la Pasqua degli ebrei), Gesù pone un gesto intenso: dona del pane, dona del vino, quella è la sua presenza - dice - chiede ai suoi di ripetere quel memoriale perché lui sia presente. Mangiano, i discepoli. Bevono, senza capire troppo il misterioso linguaggio del Maestro che oggi sembra più stanco del solito. Dio inizia qui la sua Passione. Il sangue che tra poco copioso scenderà dalle ferite sulla cute del capo, già si mischia a quel vino segno di eterna alleanza, di imperitura amicizia. "Fate questo in memoria di me", chiede Gesù. E noi obbediamo, amato Rabbì. Stasera e domenica e ogni domenica, ripetiamo quel gesto. Lo rifacciamo per averti presente, per sentirti accanto, per cantare la tua gloria, per misurare il tuo immenso amore. Anche se le nostre messe sono fiacche, le nostre parole stanche, i nostri canti ripetitivi, le nostre celebrazioni distratte e abitudinarie, ripetiamo quel gesto. In obbedienza.