Omelia (28-09-2003) |
don Elio Dotto |
L'audacia dei piccoli Nella nostra vita quotidiana sperimentiamo spesso l'inclinazione a ridurre ogni novità ed imprevisto alla ripetitività di un codice ormai noto. Ad esempio, ci sono persone che, quando visitano una città o una regione, paiono più preoccupate di verificare che tutto nella realtà corrisponda a quello che hanno visto sulla carta, anziché lasciarsi meravigliare dallo spettacolo di ciò che era sconosciuto: in fondo non si attendono nulla dalla realtà, il loro vero mondo è la carta. Ci sono poi persone che, quando ascoltano, sono più preoccupate di iscrivere quello che sentono nel registro del già noto, anziché cercare di comprendere quanto di sorprendente ci sia nella parola che ascoltano, o nella persona che hanno di fronte. Allo stesso modo, ci sono cristiani che, ascoltando una predica, sono più preoccupati di verificare che tutto corrisponda a quanto essi già sanno, anziché lasciarsi condurre ad una rinnovata meditazione e ricerca. Gli esempi si potrebbero moltiplicare ancora; ma bastano questi per riconoscere quell'inclinazione strana che ci fa fuggire da ogni novità ed imprevisto. Come abbiamo potuto vedere, tale inclinazione opera – in un modo o nell'altro – in tutti i settori dell'esperienza; ma opera con particolare insistenza nel campo dell'esperienza religiosa. Qui essa assolve al compito di proteggere il credente dal carattere sempre avventuroso della fede. Si vorrebbe cioè in tal modo rimediare all'estrema insicurezza del credere: di quel credere che, anche quando è reale, è sempre accompagnato dal timore e dalla supplica. Non è però possibile fuggire dal carattere avventuroso della fede. Il credente infatti è costituzionalmente uno che teme di sé – un insicuro – uno che attende sempre da capo in ogni circostanza di ritrovare quella fede che non può conservare attraverso una tecnica od un codice. Gesù, che conosce questa debolezza dei suoi discepoli, li chiama «piccoli». In favore di essi pronuncia – nel Vangelo di domenica (Mc 9,38-43.45.47-48) – parole di estrema generosità verso coloro che li accoglieranno, e insieme parole di allarmante severità contro coloro che di tale debolezza cercheranno di approfittare. «Chiunque vi darà da bere anche solo un bicchier d'acqua perché siete di Cristo, non perderà la sua ricompensa»; ma insieme: «Chi scandalizza uno di questi piccoli che credono, è meglio per lui che si metta una macina al collo e venga gettato nel mare». Così Gesù difende i suoi «piccoli». Ma i «piccoli» devono rimanere tali sempre, e non devono in nessun modo difendersi da soli. E neanche devono avere paura degli altri, come accadde al discepolo Giovanni, il quale temeva l'opera di quello sconosciuto che operava nel nome di Gesù. Infatti, solo chi è capace di rischiare fino in fondo – al di là di ogni umana certezza – solo chi ha una simile audacia appartiene davvero alla schiera di quei piccoli che credono. |