Omelia (28-03-2008) |
Paolo Curtaz |
Pietro torna a pescare, seguito da alcuni degli apostoli: l'ultima volta era accaduto tre anni prima, sullo stesso lago, vicino a casa sua, a Cafarnao. Era stata una pesca che aveva cambiato la sua vita. Ma ora è tutto finito: il Rabbì è morto, fine della bella avventura. Vediamo in Pietro stanchezza e fragilità, disillusione e rabbia. Ancora una volta ci ritroviamo nello sconforto degli apostoli che hanno creduto senza risultato, che hanno misurato la propria piccolezza sotto la croce. E lì, all'ombra del loro fallimento, Gesù li aspetta. Di nuovo alla fine di una notte inutile e infruttuosa, proprio alla fine, Gesù li aspetta, come aspetta noi alla fine di ogni pesca infruttosa, di ogni avventura destabilizzante. E li provoca: riprendete il largo. Immaginiamo il silenzio degli apostoli, la tensione che cresce: parole già sentite tanti anni prima. E accade nuovamente: la rete è piena di pesci, si rompe, si fatica a tirarla a bordo. Allora lo riconoscono, e gridano il loro stupore: "è il Signore!": Pietro si tuffa', arrivano a riva e Giovanni annota: sapevamo che era lui, ma nessuno aveva il coraggio di chiederglielo. La rete non si spezza, anche se contiene, come annota san Girolamo, tutte le specie di pesci conosciuti all'epoca. La Chiesa è piena di ogni tipo di persone, ama la diversità e la tutela, senza che la diversità spezzi il messaggio del Vangelo e l'unità dell'amore. |