Omelia (15-04-2008) |
Paolo Curtaz |
«No, nessuno mi rapirà dalla Sua mano». È una preghiera, un'invocazione che consiglio a chi viene a scaricare la sua angoscia e la sua fatica nelle mie povere mani di prete. Ci sono situazioni, molte, troppe, in cui non si sa più che fare: un matrimonio sbagliato, un figlio con cui non si dialoga, un cancro incurabile, una morte improvvisa. Troppe volte ci scontriamo, nella nostra vita, con la miseria delle situazioni impossibili, insostenibili e, smarriti, rischiamo di scivolare nel profondo baratro dello scoraggiamento e della disperazione. In quei momenti, come una notte del cuore, smarriamo la fiducia in Dio. Allora, proprio in quei momenti, abbiamo bisogni di sederci, con calma, e di riprendere in mano questa pagina piena di tenerezza. Gesù è morto per affermare il volto di Dio e ci svela che il Padre è più grande. È più grande dei nostri sbagli, più grande dei nostri limiti, più grande di ogni malattia, più grande della nostra solitudine, più grande, più grande. Come un Pastore, buono, straordinariamente buono, ci dice, ci garantisce, ci assicura che siamo nella sua mano e non andremo mai perduti, mai rapiti, mai lontano. Restiamo saldamente abbracciati a colui che, solo, ci protegge da ogni pericolo e, nel momento della tribolazione e della disperazione, sentiremo che niente e nessuno potrà mai separarci dalla sua mano... |