Omelia (25-04-2008) |
Paolo Curtaz |
Commento su Marco 16,15-20 Prega con noi, oggi, Marco, giovane discepolo di Gerusalemme, prima (brevemente ) a servizio di Paolo e poi di Pietro che gli chiede di redigere il primo dei vangeli. Figura di spicco nella prima comunità, il giovane Giovanni Marco ci regala uno splendido ritratto di Gesù Figlio di Dio. Buffo il destino del vangelo di Marco: per una scorretta interpretazione di alcuni padri della Chiesa si riteneva che il suo testo, il più breve e sgrammaticato dei quattro, fosse una sintesi, un riassunto malfatto del vangelo di Matteo. Saranno gli studi biblici dell'ultimo secolo a ribadire che Marco è il più antico dei vangeli, poco elegante, forse, ma estremamente deciso e appassionato. Pietro, il pescatore, chiede al giovane Marco di redigere un testo in cui raccogliere le parole e gli eventi della vita pubblica di Gesù, dalla testimonianza del Battista alla morte in croce del Messia, da inviare alla Chiesa di Roma. In un linguaggio povero e asciutto. Il racconto di Marco/Pietro ci restituisce lo sguardo ingenuo e stupito dei primi discepoli. In un mondo complesso e contorto come il nostro, dove la sovrabbondanza di informazioni rischia di soffocare la notizia, la semplicità lineare del racconto marciano ci restituisce candore e ingenuità. Chiediamo a questo discepolo della prima generazione di essere sempre molto attenti alle parole degli apostoli, di avere a cuore l'entusiasmo missionario di Paolo (Piuttosto intollerante... rimanderà l'adolescente Marco a Gerusalemme da Creta a causa della nostalgia di casa!) e la pacata forza di Pietro, per scoprire m meditando oggi la Parola, che Gesù è il Figlio di Dio, professato dai primi discepoli e accolto dall'intero mondo, raffigurato dal Centurione sotto la croce. |