Omelia (02-05-2008)
Paolo Curtaz


L'immagine delle doglie del parto arricchisce la splendida riflessione sul superamento della sofferenza tipico del tempo pasquale ormai in dirittura darrivo. Ai discepoli la sofferenza non è tolta ma trasformata, non evitata ma riempita di speranza. Non è vero che l'uomo non sopporta la sofferenza, ciò che proprio non riusciamo ad accettare - e giustamente - è la sofferenza inutile. Capisco che se voglio fare una bella ascensione in montagna devo mettere in programma uno sforzo fisico notevole, capisco che per dare alla luce un bambino devo sopportare i dolori del travaglio. Non capisco e non accetto invece le tante, troppe sofferenze che non portano da nessuna parte: litigi, incomprensioni, giri di testa, paranoie, muri che mi separano dagli altri. Siamo onesti: la stragrande maggioranza della sofferenza che viviamo deriva dalla nostra errata prospettiva di vita, da ciò che non riusciamo a vedere, dal fatto di non accogliere la presenza del Signore. La sofferenza non ce la manda Dio, e quando la viviamo la possiamo subire o orientare per una nuova nascita interiore. Se stiamo viviamo momenti di dolore, sentiamoci come la donna che partorisce: che la nostra sofferenza dia alla luce qualcosa di nuovo, qualcosa di diverso. Fidiamoci: la gioia che viene dal vedere il Signore, la gioia che viene dal sentirsi amati sarà una gioia che nessuno mai ci potrà togliere.