Omelia (13-05-2008) |
Paolo Curtaz |
Ieri parlavamo della durezza di cuore dei farisei che mettono alla prova Gesù. E qualcuno di noi - probabilmente - in assoluta sincerità di cuore avrà pensato di non poter essere annoverato tra coloro che mettono sempre alla sbarra Dio. Bene! Attenti, però, al rischio numero due, quello in cui cadono i discepoli: l'incomprensione. Gesù parla loro del lievito da cui guardarsi, l'atteggiamento dei farisei (i giusti!) che può insinuarsi anche nella primitiva comunità (ma va?) e di quello di Erode, che vede in Gesù un avversario, in Dio un concorrente e loro, gli apostoli, in maniera incredibilmente ottusa cominciano a dissertare sulla loro merenda. Pericolo incombente, quello descritto da Gesù (e dagli apostoli che non esitano a raccontarlo nel vangelo), di chiudersi in un ragionamento piccolo, di non avere più fiato e ali per volare in alto. Succede, nelle nostre comunità, di ingrandire a dismisura i problemi piccoli e piccolissimi per non vedere invece quelli grandi e ingombranti, chiudere il recinto del piccolo gregge per paura del confronto col mondo esterno, guardare il particolare scordando l'essenziale. Chiediamo al Signore di renderci liberi dalle incomprensioni, di non ripiegarci su noi stessi: egli ci chiama a capire in profondità ciò che accade a noi e alla Storia, chiediamogli di scuotere e provocare le nostre comunità quando perdono mordente e profezia. |