Omelia (02-06-2008) |
Paolo Curtaz |
Che farà il padrone? Gesù pronuncia sottovoce questa frase, lo sguardo abbassato, il tono della voce triste. Che cos'altro deve fare Dio per il suo popolo? Gli ha donato una splendida vigna, produttiva e attrezzata, feconda e perfetta. Lui ha fatto la fatica di piantarla, dopo avere dissodato col sudore della fronte l'arido terreno. Lui ha captato l'acqua scavando le viscere della terra. Lui ha costruito una recinzione per impedire alle volpi di saccheggiare il raccolto. Lui ha costruito una torre di guardia per conservare il raccolto e alloggiare gli operai. Poi l'ha affidata a degli affittavoli che, storditi dall'abbondanza del raccolto, si sono scordati di dare il compenso pattuito e si sono montati la testa. Che farà il padrone? Vuole conciliazione, anche se i propri servi vengono picchiati e, alla fine, è disposto a mandare il figlio che sarà malmenato e ucciso. Che farà? Gesù parla di sé ai propri assassini, chiede a loro di esprimere un giudizio, chiede al suo popolo di giudicare l'operato di Dio che ci ha messi in un Eden straordinario che noi uomini sfruttiamo come se fosse nostro, come se tutto fosse dovuto, con un'arroganza che irrita la natura stessa. Che farà? E i suoi uditori, ironia della sorte, sentenziano: punizione, rigore, morte. Già... ma non farà così. Il figlio, non alzerà il pugno, non userà violenza, è disposto a morire piuttosto che a colpire. |