Omelia (18-06-2008)
Paolo Curtaz


È semplice e devastante, il discorso di Gesù. Nella logica della verità che contraddistingue la sua predicazione, egli ci invita a prendere gli atteggiamenti di devozione quali l'elemosina, la preghiera e il digiuno dal lato giusto, senza scivolare dell'autocompiacimento, il principale idolo delle persone devote. Quando convertiamo il nostro cuore al vangelo di Dio, quando accogliamo la sua novità, nello slancio della devozione desideriamo crescere nella preghiera e del controllo delle passioni, e questo è bene. Ma esiste il rischio, anche nel discepolo più scafato, di scivolare in una specie di estetica spirituale, di coltivare un santo orgoglio, di ricercare una dignità che ci spinge a lucidare ogni mattina la nostra nuova, confortante dimensione spirituale. Necessitiamo di senso dell'ironia, amici, specialmente nella santa Chiesa di Dio! Ciò che il Dio di Gesù chiede ai discepoli è l'assenza di ipocrisia, la più disarmante nudità interiore, la verità più assoluta. Solo allora l'attenzione al povero che si trasforma in condivisione, la preghiera che diventa silenziosa adorazione e il digiuno, scelta di tenere in mano le proprie passioni, diventano efficaci e ci portano verso la verità interiore e l'incontro col vero Dio. Stiamo attenti a non diventare i nuovi farisei, dopo avere così tanto faticato a superare la nostra immagine mondana, non recuperiamo il nostro orgoglio mascherandolo con un nuovo e luccicante ego spirituale... Il Signore ci chiede verità, anche quando è scarnificante.