Omelia (20-06-2008)
Paolo Curtaz


Non ho mai incontrato in vita mia una persona che mi dicesse: io vivo per far soldi e - lo so - morirò senza vederla. Eppure col passare degli anni mi accorgo, come dice san Giacomo, che all'origine di ogni male c'è l'avarizia, cioè il desiderio del possesso. Gesù ci ammonisce: la ricchezza non è un male in sè, ma è un pericolo perché ci illude di poter comperare la felicità. Qualche tempo fa tornavo da una bella esperienza con i miei giovani: quattro giorni di sacco a pelo, preghiera e scatolette. Alla fine uno di loro mi ha detto: sarebbe bellissimo vivere così, senza altri bisogni. Vero: sarebbe bello tornare ad avere una vita più essenziale, senza credere che maggiori soldi o profitti ci cambino la vita. È sconcertante leggere le dichiarazioni delle persone fortunate che vincono alla Lotteria e che affermano: «La mia vita cambierà». Davvero? Basta così poco per cambiare il cuore dell'uomo? Per colmarlo? Ma allora perché le persone arrivate, i manager, le star, sono, spesso, inquiete e disturbate, e cercano nella droga e nell'eccesso nuove emozioni? No, amici, seguite il consiglio del più astruso promotore finanziario della storia: il Signore Gesù. Accumuliamo là dove borsa e mercati finanziari non vacillano: la vita vera fatta di emozioni, di generosità, di piccole gioie godute, investiamo nel grande sogno di Dio e amiamo!