Omelia (27-06-2008) |
Paolo Curtaz |
Gesù usa il miracolo con parsimonia e pudore: teme l'uso distorto di questo strumento, e ha perfettamente ragione. Il miracolo porta con sé un'insanabile ambiguità, nasconde dietro il prodigio il significato profondo del gesto, rischia di lasciare stupiti, senza suscitare la fede. Simili a coloro che chiedono favori e raccomandazioni ai potenti, molti cristiani si rivolgono a Dio per ottenere l'impossibile, senza preoccuparsi del senso della vita, senza mettersi in discussione. Molto spesso la nostra fede è alla continua ricerca di piccoli e grandi miracoli, di piccole e grandi apparizioni, senza convertire il nostro cuore al grande miracolo della presenza di Cristo. Dio vuole essere amato per ciò che è, non per ciò che dà. Il lebbroso, guarito, è chiamato ad osservare le precise leggi per poter essere riammesso nella comunità religiosa e civile, Gesù non è un anarchico, e non si sente al di sopra delle norme che Israele vive nel proprio percorso storico. Chiediamo al Signore la guarigione da ogni lebbra, da ogni tristezza, da ogni peccato, attraverso il cammino semplice che il Signore ci offre nella nostra vita interiore. E sappiamo ringraziarlo per i tanti, piccoli miracoli che siamo chiamati a riconoscere in questa nostra giornata. |