Omelia (05-10-2003)
mons. Antonio Riboldi
"Un muro di sostegno che rischia di cadere"

Credo che il Vangelo di oggi ponga a tutti noi, credenti o no, un grande problema che tocca il bene della intera società: ossia il matrimonio e di conseguenza la famiglia.
Vorrei anzitutto, credo all'unisono con tutti voi, dare il benvenuto al S. Padre che sarà qui a Pompei il giorno 7, festa della Madonna del S. Rosario. Era venuto all'inizio del suo pontificato, quasi seguendo un cammino da lui scelto, quello di affidarsi alla Mamma Celeste con la recita quotidiana del S. Rosario. Era venuto nella esuberanza della sua fede e della sua salute. Voleva subito affidare alla Mamma Celeste la sua difficile missione, cui Dio lo aveva scelto, quella di guidare da buon pastore la Chiesa. Che grande esempio, per tutti noi, a volte così schivi a affidarsi alla Mamma Celeste! Ricordo la sua grande devozione. Era per me un incoraggiamento, perché iniziavo anch'io, nello stesso tempo, il mio servizio episcopale.
A ottobre lui celebra il 25° di episcopato: come io l'ho celebrato qualche mese fa. Abbiamo servito il Signore insieme e lui so mi vuole tanto bene e tante volte mi ha incoraggiato a proseguire nel difficile servizio qui, e sono felicissimo di rivederlo a Pompei. Ora torna a chiudere l'anno del Rosario e forse ad affidare alla Mamma la sua vita, che volge verso il tramonto con grande serenità. Commuove la sua testimonianza di fede e di vera passione per Cristo e la Chiesa. Ha effuso sul mondo l'amore che Dio ha per tutti, senza risparmiarsi ed oggi mostra i segni della sua sofferenza, come un invito a non fermarsi mai nell'amore e nel servizio a Gesù. "Totus tuus" "Tutto tuo" è il suo stemma. A nome di tutti voi gli dico grazie e avrò modo di dirlo a voce incontrandolo a Pompei. E' un dono immenso che Dio ci ha fatto! Sappiamo tutti del suo amore alla sua famiglia, tanto che non manca mai di recarsi al cimitero dove sono sepolti i suoi genitori, ogni volta si reca in Polonia. E pare che volesse sorvolare quel cimitero nella sua visita in Slovacchia. Sa che venendo meno il matrimonio, e quindi la famiglia, si corre il grande rischio di fare cadere un muro di sostegno della società.
Il Vangelo di oggi è esplicito. "Avvicinandosi dei farisei, per metterlo alla prova, domandarono a Gesù: E' lecito per un marito ripudiare la propria moglie? Gesù rispose loro: Che cosa vi ha ordinato Mosè? Dissero: Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di rimandarla. Gesù disse loro: Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma all'inizio della creazione Dio li creò maschio e femmina; per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e i due saranno una carne sola. Sicché non sono più due, ma una sola carne. L'uomo dunque non separi mai ciò che Dio ha congiunto". (Mc. 10, 2-16)
Parole chiare, che non avrebbero bisogno di commento.
Ma l'uomo a volte non ha nessun scrupolo di mettere alle spalle le parole di Dio, non sapendo che è molto pericoloso farlo. Seguire ciò che Dio dice è certezza di serenità e santità. Il contrario non può che creare voragini di dolore. Così l'uomo ha creato il divorzio presentandolo come un bene, una conquista di civiltà. Quando venne celebrato da parte dell'ONU l'anno della famiglia, i cattolici non riuscirono a porre una postilla nella risoluzione finale al Cairo: ossia "la famiglia quella nata dal matrimonio".
Sorsero così le famiglie di fatto, le famiglie dei gay, senza più alcun riguardo alla natura stessa della famiglia, che ha la sua natura nell'amore di due che fanno dell'unirsi una fedeltà a tutto campo, per tutta la vita. Un patto di fedeltà che, se affidato forse alle sole forze umane, diventa difficile, ma quando si affida alla Grazia che è Dio con noi, nel sacramento, allora davvero il matrimonio, la famiglia conosce la bellezza che ha sempre in sé.
L'amore, quando è totale e si fa dono all'altro nel matrimonio, è un vero meraviglioso perdersi nell'altro. L'altro diventa "carne della propria carne", "gioia della propria gioia". Non si riesce a capire come possa esistere un volersi bene in totalità, che è un entrare definitivamente nella vita di un altro, ed uscirne come se niente fosse.
Si assiste oggi a matrimoni che sembrano una grande "festa"...tranne poi a sciogliersi con una facilità che non si riesca a capire. Non si riesce a capire come due che si amano possano un giorno dire: "non sento più niente" "sei nessuno per me". Da quel momento inizia quella storia di odio e rancore che sembra divertirsi ad annientare in tutti i modi chi prima era l'idolo della propria vita. E nasce il divorzio. Come se l'amore per una persona sia passare dalle braccia di una alle braccia di un'altra, come fosse un cambio di appartamento. Colpisce come non ci si renda conto del domani dei figli, che non sanno più chi amare, chi sia loro papà e mamma. Una confusione che compromette seriamente il loro futuro. Non ci si rende conto che quell'affidare ad un tribunale con chi devono stare i figli, quando vederli, come mantenerli è trattare come oggetto chi ha bisogno di una continuità di amore che è nella fedeltà del matrimonio.. Sembra che spezzare i vincoli del matrimonio sia un bene che viene prima della felicità dei figli. E fa male poi vedere che in questa rottura, ci sia il rischio di mettere i figli contro l'uno o l'altro dei genitori. Insomma si sa quando inizia l'inferno della separazione e non quando finisce. Di certo vi è il grande dolore dei parenti che non riescono a frenare la spaccatura e vengono coinvolti nel dolore.
Ma perché questa fragilità del matrimonio? Basta il cattivo esempio che viene dalla gente dello spettacolo o da tanti altri che sembrano fare del divorzio ciò che li fa celebri?
O non viene da quella incredibile ignoranza della natura dell'amore, che è ben altra cosa dalla mercificazione di un "amore" che è solo "uso della persona"? Si cresce sapendo tutto sulla natura del sesso, ma nulla sulla etica e la santità del sesso. Amare non è fare della persona oggetto del piacere, ma è esaltare la crescita della gioia donandosi, sopportandosi e camminando insieme verso quella felicità che Dio ha messo nel matrimonio. Tanti di noi, che hanno fatto o fanno l'esperienza di una famiglia "piccola chiesa domestica", sono testimoni della gioia che vi è in essa. Un giorno mio padre, in un momento di rara confidenza, mi disse: "Sono 30 anni che vivo con mamma, mia sposa. E la amo come fosse il primo .giorno. Guai mi mancasse!" I veri cristiani, quelli cioè che non si sono lasciati corrodere l'anima dal culto del benessere, da una vita senza valori e senza fede, esperimentano la bellezza della famiglia.
Vi è oggi troppa volgarità nella crescita nel cosiddetto "amore", fin da piccoli, come fosse una avventura. Sono troppi quelli che si preparano al matrimonio non con la serietà di Cristo, ma scegliendo di convivere per vedere se possono sposarsi...Ed il più delle volte, esaurita la carica erotica, si lasciano, perché non ha senso continuare una esperienza esaurita. Verrebbe voglia di dire: cerchiamo di essere tutti seri nei riguardi delle persone, sopratutto quando diciamo di amarle. Le persone non sono un oggetto da usare, ma un paradiso da conquistare, giorno per giorno.
"La Chiesa - e voglio riportare questo pensiero del Papa, come un atto di affetto a lui e a Cristo, - deve riproporre con fedeltà la verità del matrimonio e della famiglia. E' una necessità che essa sente ardere dentro di sé perché sa che tale compito la qualifica in forza della missione evangelizzatrice affidatale dal suo Sposo e Signore e si ripropone con inusitata impellenza. Non pochi fattori culturali, sociali e politici concorrono infatti a provocare una crisi sempre più evidente della famiglia.
Essi compromettono in diversa misura la verità e la dignità della persona umana e mettono in discussione, svisandola, l'idea stessa della famiglia. Il valore della indissolubilità matrimoniale viene sempre più misconosciuto; si chiedono forme di riconoscimento legale delle convivenze di fatto equiparandole ai matrimoni legittimi: non mancano tentativi di accettare modelli di coppia dove la differenza sessuale non risulta essenziale. In questo contesto alla Chiesa è chiesto con rinnovato vigore ciò che il Vangelo dice sul matrimonio e sulla famiglia, per cogliere il significato e il valore salvifico di Dio...occorre riscoprire la verità della famiglia quale intima comunione di vita e di amore, aperta alla generazione di nuove persone.
Al tempo stesso sarà necessario offrire una materna sollecitudine da parte della Chiesa a coloro che si trovano in situazione difficili, come ad esempio ragazze madri, persone separate, divorziate, figli abbandonati...E' chiamata infine la Chiesa a venire incontro, con bontà materna anche a quelle situazioni matrimoniali nelle quali è facile venga meno la speranza.
In particolare, di fronte a tante famiglie disfatte, la Chiesa si sente chiamata non ad esprimere un giudizio severo e distaccato, ma piuttosto ad immettere nelle piaghe di tanti drammi umani, la luce della parola di Dio, accompagnata dalla testimonianza della sua misericordia. E' questo lo spirito con cui la pastorale familiare cerca di farsi carico anche delle situazioni dei credenti che hanno divorziato e si sono risposati civilmente" (E.in E.91-94)
Forse questa volta sono stato un poco lungo, ma ne valeva la pena. Mentre ringrazio Dio per avermi concesso una famiglia secondo il Suo cuore, lo ringrazio per tutte quelle famiglie che si conservano unite chiedendo a Dio sia la loro forza e gioia. E prego per quanti sono in difficoltà, offrendo loro il calore della mia amicizia, per trasmettere l'aiuto del Signore.

Mons. Antonio Riboldi - Vescovo -

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