Omelia (15-07-2008)
Paolo Curtaz


Il rischio di tutti i credenti di ieri e di oggi è di sentirsi blindati nella propria fede, assolutamente certi delle proprie convinzioni, inamovibili, pronti col biglietto della salvezza in tasca, senza avere bisogno di nient'altro. È successo ai contemporanei di Gesù, brava gente, i più, convinti di essere fedeli e devoti del Dio di Israele perché rispettosi delle norme e delle disposizioni della Legge. Così facendo, però, avendo perso lo smalto e lo stupore, resisi impermeabili alla novità, non hanno saputo vedere l'inaudita presenza di Dio, non più nascosto dietro il simbolo e celebrato nella liturgia del Tempio, ma vivo e operante in mezzo a loro. Così, talora, accade anche a noi: abituati a fotocopiare abitualmente gesti e ritualità, perdiamo la dimensione della precarietà che Gesù è venuto a portare. Guai alle nostre comunità che passano il tempo a godersi i piccoli risultati o che, ripiegate su se stesse, dimenticano di riconoscere Gesù nel volto dei fratelli lontani. Proprio le città pagane, disprezzate con sufficienza dagli israeliti, sapranno reagire all'annuncio del Regno. Non accada anche alle nostre comunità di vedere accolto il Vangelo proprio dalle persone che giudichiamo lontane e che teniamo distanti dalle nostre (presunte) buone devozioni!