Omelia (18-07-2008)
Paolo Curtaz


Accade, lo sappiamo. La fede è affare del cuore, coinvolgimento totale, sorriso dell'anima, evento più simile all'innamoramento che alla dimostrazione scientifica. Eppure, è normale che accada, anche la più totale spontaneità diventa, col tempo, codifica, norma, regola. Anzi: è bene che sia così, è bene che non sia solo il sentimento a regolare la vita. Così l'amore della mamma verso il bambino diventa attenzione verso di lui, preoccupazione per la sua salute, fatica nel nutrirlo, nell'alzarsi con regolarità nel cuore della notte per sfamarlo. Eppure la tensione fra legge, regola e amore deve restare costante, deve essere una corda ben tesa, non scordando mai che la norma codifica un valore e non viceversa: nessuna norma suscita un valore. Gesù è sconcertato nel vedere una delle più belle norme dell'Alleanza, il rispetto del riposo del sabato, ridotto a rigida prassi che perde di vista il significato profondo del suggerimento, per diventare una fredda regola da rispettare. Ecco, amici, recuperiamo il valore profondo della regola di vita che ci diamo: la preghiera, la disciplina dell'onestà, il pensiero puro, siano un modo concreto e profondo di manifestare l'amore che portiamo nel cuore. La fede non è una morale, sviluppa una morale, propone una morale che scaturisce dall'incontro. Perché senza concretezza, l'amore diventa fragile e senza amore, la legge diventa insostenibile.