Omelia (26-07-2008)
Paolo Curtaz


La liturgia ancora incrocia la parabola della zizzania, che il lezionario festivo ci ha appena fatto meditare. Gesù ci chiede pazienza. Pazienza, discepoli di colui che è venuto a portare il fuoco, pazienza nelle nostre povere e poco credibili comunità parrocchiali, pazienza nel vedere - nude - le fragilità dei nostri compagni di viaggio, pazienza quando un connaturale istinto di superiorità ci fa giudicare - con piglio tutto devoto - i fratelli che ancora (e sempre) misureranno la loro debolezza. Per i cristiani il nemico non è mai l'altro, è dentro ciascuno di noi. Senza cadere in perniciosi autolesionismi, guardiamo dentro noi stessi la zizzania e guardiamo al grano buono seminato dal Signore. La contraddizione abita in ciascuno di noi, in me che scrivo. È pericoloso pensare di strappare definitivamente la zizzania prima che il grano sia giunto alla sua piena maturazione. Il mondo non ha bisogno di superuomini (supercristiani?) perfetti, ma di discepoli consapevoli del proprio limite, che attendono con passione al proprio lavoro, amando questo mondo seminato a grano. Oggi, poi, ricorre la memoria di Gioacchino e Anna, i nonni di Gesù. Non sappiamo che nome avessero, ed è la tradizione popolare, non evangelica, ad averceli consegnati. Tant'è: certamente Gesù aveva dei nonni e, probabilmente, ai nonni Giuseppe e Maria lasciavano il piccolo Gesù per uscire a farsi la pizza. Auguri a tutti i nonni, allora, che, spesso, sono gli unici testimoni di fede dei nostri bambini.