Omelia (30-07-2008)
Paolo Curtaz


Sì, amici, Matteo ha proprio ragione: la mia vita, la nostra vita è una gigantesca caccia al tesoro. Ci vuole grinta, forza, lucidità per gareggiare; bisogna tapparsi le orecchie di fronte ai troppi che ammiccano vendendoti a peso d'oro le istruzioni per trovare il tesoro, tenere duro davanti ai troppi che ti dicono che il tesoro non c'è, che la vita è un'immensa e macchinosa fregatura. Matteo dice che lui, il tesoro, l'ha trovato. Non come la fiammata dell'innamoramento che scompare con il desiderio, ma come la lenta consapevolezza della verità, del fiume che scorre sotto il terreno, dell'evidenza del cuore. Il piano di Dio è esposto, il volto che Gesù è venuto a descriverci, ormai chiaro, la proposta del regno annunciata. Ora tocca a noi, tocca a me decidere. Starò ancora ad aspettare? Dopo avere veduto, dopo avere lasciato il seme della Parola perforare l'asfalto del mio cuore, ancora tentennerò? Dopo avere saputo che il padrone del campo permette che la zizzania e il grano crescano insieme, perché mi ama, aspetterò ancora che il regno si manifesti nella mia vita? Il Signore "pescandoci", sa che dentro di noi ci sono pesci commestibili e pesci velenosi, parti di luce e fitte tenebre. E le ama, entrambe. Le ama perché ama noi, le ama perché ci vuole salvi, le ama perché è un Dio di tenerezza e compassione. Il nostro Dio è un Dio che ci vuole salvi, è un Dio che ci scusa, un Dio che ci insegue e ci perseguita col suo amore.