Omelia (15-08-2008)
Paolo Curtaz


Nel cuore dell'estate, la Chiesa gioisce per Maria, madre di Gesù e madre dei discepoli, che, per prima, vive l'esperienza della resurrezione del corpo, che crediamo non avere conosciuto la corruzione della morte.

Oggi è l'Assunta, amici, non san Ferragosto martire. Dalle mie parti, qui in Valle d'Aosta, Ferragosto segna la fine dell'estate: alla prima pioggia si riaccenderanno i termosifoni e si indosseranno le maglie di lana. Questi sono giorni di vacanza, per molti, ma molti di più sono quelli che stanno passando questo rovente giorno in casa, con le tapparelle abbassate per difendersi dal caldo. A loro, in particolare, va il saluto di Maria, e quel suo canto straordinario, canto di lode e di vittoria, canto della piccolezza di Dio, canto pieno di speranza che Maria intona per dar lode a questo Dio che salva l'umanità. Salva l'umanità, amici: forse la mia vita non è stata granché, forse poteva andar meglio, ma, come Maria, posso gioire perché ho visto, un poco almeno, l'opera di Dio dispiegarsi nelle pieghe dell'umanità. Maria ci insegna a valutare la nostra vita non dai risultati personali conseguiti, ma dalla prospettiva di Dio, prospettiva immensa, che attraversa i secoli, che mi invita a superare il mio piccolo mondo per gioire delle cose Dio compie nella grande storia. Maria Assunta, la prima tra noi discepoli che ce l'ha fatta, che ha raggiunto il cuore di Dio, la prima tra i discepoli a vivere la gloria della resurrezione del corpo, ci incoraggia a seguirla, a fidarci di questo Dio dell'impossibile che ha fatto grandi cose in lei e che può fare grandi cose in noi, se lo lasciamo fare...