Omelia (26-08-2008) |
Paolo Curtaz |
Un mio professore universitario, dotato di un gran senso dell'ironia, virtù poco praticata dai docenti universitari e dai preti cattolici, diceva che nella Chiesa, talvolta, si fanno diventare enormi i problemi minuscoli in modo da occupare tutto l'orizzonte e non vedere i veri problemi. Dopo molti anni di servizio pastorale devo riconoscere, ahimè, che aveva proprio ragione. Nei discorsi che si fanno durante le riunioni presbiterali o le assemblee pastorali o i grandi raduni dei movimenti, si ha l'impressione che noi cristiani viviamo davvero fuori dal mondo. In un paese in cui molta gente fa ogni giorno i conti con problemi di lavoro e di rischio di povertà, in un tempo in cui le persone normali vivono la quotidianità come un evento faticoso che richiede molta energia, noi cristiani rischiamo di trastullarci nelle discussione sulla lana caprina e sul sesso degli angeli, disquisendo della decima della menta e della ruta... Se la Chiesa avesse il coraggio di lasciarsi interrogare dai grandi drammi dell'uomo contemporaneo! Lasciamo che la parola giudicante e scomoda di Gesù ci faccia sobbalzare sulle nostre sedie, usciamo nelle strade, specie noi preti, per vedere negli occhi della gente lo scoraggiamento e la fatica e diciamo loro che Dio si schiera dalla loro parte! Usciamo dai nostri recinti sacri per stare col falegname che si fece figlio di Dio! |