Omelia (11-09-2008)
Paolo Curtaz


Gesù, con la sua parola, anche oggi ci spiazza (sai che novità!); è crudo nel suo linguaggio ma vero, ci ama ma ci sprona al meglio e ci chiede: si vede che sei discepolo? Non sei discepolo perché porti la croce appesa al collo, ma perché la croce la pesa sulle tue scelte famigliari e lavorative. Si vede? Se impresti soldi e li vuoi indietro, se giudichi come tutti, se ami chi ti ama, cosa fai di così straordinario? Ah, Signore! Che frustata sulla coscienza! Già tutti contenti di essere entrati nel club dei bravi ragazzi, subito ci chiedi di più, troppo. Gesù sogna, esige, perché da'. Ci guarda e ci chiede il coraggio del paradosso, il brivido della santità, il coraggio della logica evangelica: perdona i nemici, ama senza contraccambio, sii trasparenza. Alza il tiro, il Signore, chiede di essere discepoli, come lui, fino in fondo. Gesù per primo ha amato i nemici, lui per primo non ha detto il male, lui per primo si è donato fino al brivido della morte. Gesù chiede testimoni, non cristiani part-time. Chiede incendiari d'amore, non adolescenti cresciuti che si specchiano nei propri limiti. Gesù vuole discepoli che diventino riflesso della vera condizione dell'uomo, che in qualche modo illustrino con la loro vita che è possibile credere, che è possibile amare. Che sia questo il semplice segreto paradossale per evitare un altro devastante 11 settembre?