Omelia (12-10-2003) |
don Elio Dotto |
Una domanda temeraria «Maestro buono, che cosa devo fare per avere la vita eterna?». Appare davvero pericolosa e temeraria questa domanda che ritroviamo nel Vangelo di domenica (Mc 10,17-30). Si sa che con Dio non si scherza: se tu lo interroghi, ti chiede sempre di più, non basta mai quello che fai. Ad esempio: fai grandi sforzi per liberarti di quel piccolo e avvilente difetto, alla fine magari ci riesci, ma subito oltre scopri un difetto più grande, che prima – per tua fortuna – neppure conoscevi. È normale che accada così, con Dio non si scherza; dunque, perché rischiare domande troppo alte ed impegnative? E infatti noi spesso preferiamo non rischiare; al punto che ci difendiamo in mille modi da un serio esame di coscienza. I peccati quotidiani magari sono anche ammessi: ma troppo in fretta. È un'ammissione generica, non invece una confessione precisa ed impegnativa. L'ammissione dei propri peccati cerca in genere consolazione, non cerca invece risposta alla domanda: «che cosa devo fare per avere la vita eterna?». Sarebbe una domanda troppo pericolosa. Quel tale invece non ebbe paura, e interrogò francamente Gesu: «Maestro buono, che devo fare per avere la vita eterna?». Egli conosceva la legge, l'aveva osservata fin dalla sua giovinezza: e proprio questa elementare rettitudine che viene dall'osservanza della legge lo aveva costretto a cercare una giustizia più grande. Quel tale dunque era coraggioso; e Gesù lo amò per questa sua schiettezza, per l'audacia della sua domanda. E tuttavia in quella domanda c'era anche un inconsapevole desiderio: il desiderio cioè di essere tranquillizzato a proposito dei molti beni. Ma a questo riguardo il Maestro non lo tranquillizzò; al contrario, rese più chiara l'inquietudine che già lo agitava. «Una sola cosa ti manca: va', vendi quello che hai...: poi vieni e seguimi». Quei beni dunque erano di troppo, si mettevano in mezzo tra lui e il Maestro: occorreva lasciarli. Ma il giovane preferì lasciare il Maestro. Accadde così in quel tempo esattamente quello che accade a noi oggi. Perché anche noi spesso lasciamo il Maestro: magari lo lasciamo in maniera più subdola ed implicita, non avendo mai avuto il coraggio di rivolgergli domande precise a proposito del nostro cammino; eppure di fatto lo lasciamo. E se tutto dipendesse dai molti beni? Ma quali molti beni? – potrebbe obiettare qualcuno (certo non tutti): io non ho molto più di quanto mi serve ogni giorno per vivere... Già: ma che cosa serve per vivere? Che cosa è vita? Quale deve essere la tua vita per diventare eterna? Tutto questo non lo puoi stabilire prima dell'incontro con lui. Se già lo hai stabilito, se già credi di sapere che cosa è davvero indispensabile per la tua vita, allora valgono anche per te quelle parole che spaventarono i discepoli: «è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, piuttosto che un ricco entri nel Regno di Dio». Dunque non attardarti a cercare risposte rassicuranti; non perdere tempo a trovare giustificazioni comode. Lascia invece che la parola del Maestro trafigga la tua coscienza, e scruti i sentimenti del tuo cuore. Sarà lui ad insegnarti che cosa è vita, e quale deve essere la tua vita per diventare eterna. |