Omelia (25-09-2008)
Paolo Curtaz


Erode è incuriosito dal Rabbì Gesù, sente la gente che ne parla, vorrebbe vederlo... ma il suo non è il desiderio profondo di chi cerca la verità, il grido interiore di chi ha percorso tutte le strade del pensiero per approdare alla fede, l'ansia salutare che ci impedisce di essere soddisfatti di ciò che la vita ci può donare per cercare l'altrove... No, Erode è annoiato dal suo potere, dalla sua fama, dalla sua ricchezza, la sua è solo la richiesta viziata di un potente, il debole afflato mistico di un uomo che ha abbandonato la fede dei Padri per seguire le tortuose e perverse vie del potere politico, il leggero brivido di moda che affianca alla mia vita oberata anche un'emozione "spirituale" per sentirmi in armonia con la mia coscienza. Sciocco e presuntuoso Erode! Non è curioso? Nessuno di noi saprebbe chi è Erode il grande, o suo figlio o Ponzio Pilato se non fosse perché il loro nome è finito quasi casualmente nel racconto delle vicende di un oscuro falegname di Nazareth. Così è, amici, così vuole Dio, che si diverte a rovesciare i potenti dai troni e ad innalzare gli umili, a saziare gli affamati e a rimandare a mani vuote i ricchi. E noi, da che parte ci schieriamo? Dalla parte di Dio o della logica di questo mondo, sempre preoccupati di conoscere le persone giuste, ansiosi nel ben apparire davanti ai superiori o maturi e liberi nella nostra profezia?