Omelia (07-10-2008)
Paolo Curtaz


Betania: il nome ricorda, ai discepoli, un piccolo villaggio che sorge sul retro del monte degli ulivi, a pochi chilometri da Gerusalemme. La si raggiunge, ancora oggi, con una bellissima passeggiata in mezzo agli ulivi e ce lo immaginiamo Gesù, alla fine della giornata, che scende nella valle del Cedron, e lasciati lì i suoi compagni, si dirige tutto solo verso questa casa abitata da tre fratelli: Marta, Maria e Lazzaro, conosciuti chissà come, chissà quando. Betania diventa il rifugio di Dio, il luogo dell'ascolto e della chiacchiera, della cena alla fine della dura giornata di predicazione. Mi tremano i polsi nel vedere questo Dio che ha bisogno di ascolto, questo umanissimo Dio che bussa alla porta dei suoi amici non per evangelizzare ma per essere accolto. E nel quadretto famigliare di oggi, il Signore ci lancia un messaggio: l'azione di Marta è sterile se non è fecondata dall'ascolto di Maria. E, aggiungo io, la preghiera è fasulla se non sfocia nel servizio. Una proposta, allora: perché non far diventare Betaniala nostra giornata? Dedicare ogni giorno un momento, anche piccolo, in cui interrompere il flusso di parole che rivolgiamo a Dio per metterci in ascolto di ciò che lui, una volta tanto vuole dirci. Siamo la consolazione di Dio, amici, siamo la consolazione di Dio, ascoltiamo il Figlio dell'uomo che ci onora di essere suoi famigliari...