Omelia (15-10-2008)
Paolo Curtaz


Prega con noi Teresa la grande, riformatrice dell'ordine Carmelitano, riportato alla sua radicalità assoluta in una Spagna fervorosa ma superficiale, maschilista e sospettosa. Teresa è proclamata "dottore della Chiesa": da lei impariamo le strade verso Dio.

Il rischio c'è, siamo onesti. È nel nostro cuore, è nella nostra natura umana, è nella storia del cristianesimo e, in fondo, nella storia di tutte le esperienze religiose. Forse, a pensarci bene, è il rischio nascosto nelle relazioni, affettive e non, di tutti noi: il rischio dell'abitudine, dell'omologazione, della ritualità. Intendiamoci: un margine di ritualità ci è necessario, ci aiuta a vivere, ma il rischio è di sostituire alla realtà la ritualità. Così, al tempo di Gesù, i farisei, brave persone, credetemi, avevano finito con l'esasperare la propria devozione: erano giusti e lo sapevano e finivano col guardare dall'alto in basso gli altri. Gesù si scaglia con forza contro questo atteggiamento e li inchioda alle proprie esteriorità. Storia che si ripete, dicevo: dall'incontro personale, ricco, pieno di luce e di passione che possiamo avere o avere avuto col Signore, il rischio è quello di degenerare in un sottile e devotissimo fanatismo che ci fa vedere il nostro modo di vivere la fede, la nostra sensibilità, come il modo di vivere il cristianesimo. Ho visto comunità santamente scannarsi e tirar fuori le peggio cose al cambio di un parroco, ho visto cristiani litigare su come debba andare vestito un prete, ho visto movimenti fare proselitismo... dentro la propria comunità cristiana. Gesù è libero e ci insegna a restare liberi, senza forzature, senza fanatismi.