Omelia (20-10-2008)
Paolo Curtaz


Non ho mai incontrato nella mia vita, né lo so, mai lo incontrerò, qualcuno che mi dica: «Vivo per far soldi». Ma, allora, da dove vengono le divisioni, gli egoismi, le ingiustizie se non nella sete di cupidigia? Da dove le divisioni all'interno di una famiglia? E proprio di una divisione tratta oggi Gesù, rifiutandosi di dare una risposta alla richiesta di intervento dei due fratelli litigiosi. Alla loro richiesta di intervento, Gesù dona una risposta disarmante, è convinto che siamo in grado di dividere equamente un'eredità senza tirare in ballo Dio. Il Dio di Gesù ci tratta da adulti perché ci crede capaci di accordarci equamente. Vero, forse. Certo il Signore ci ammonisce: attenti, la ricchezza può farti credere di essere la soluzione ai tuoi problemi. Gesù non è moralista, non condanna la ricchezza, solo ne intravvede la pericolosità, la ricchezza e il benessere promettono cose che non possono mantenere: felicità, pace del cuore, serenità. Così accade al pover'uomo della parabola, talmente intento a gestire i suoi risparmi, da dimenticarsi di essere mortale. Facciamo nostra, amici, la visione del Signore: non chiediamo né ricchezza né povertà, come dice altrove la Scrittura: nella ricchezza potremmo dimenticare Dio, nella povertà bestemmiarlo a causa della miseria. Andiamo all'essenziale nella gestione dei nostri beni, facciamo della generosità la caratteristica della nostra vita.