Omelia (02-11-2008) |
Paolo Curtaz |
Abbiamo bisogno di tutta la gioia dei santi per riuscire, oggi, ad affrontare il doloroso tema della morte. Eppure, alla luce del Vangelo, anche questo aspetto, così doloroso e drammatico, diventa luminoso: la morte è il sonno che ci risveglia in Dio. Si parla poco e male della morte, in questo nostro misterioso e schizofrenico tempo. Ma chi ha conosciuto la morte, chi ha avuto una persona amata che se ne è andata, prende molto sul serio la morte, anzi la risposta al dilemma della morte in realtà dona senso alla nostra vita. L'atteggiamento verso la propria morte, atteggiamento adulto non depresso né scaramantico, è all'origine di una ricerca più approfondita del mistero della vita di ciascuno. Gesù ha una buona notizia sulla morte, su questo misterioso incontro, questo appuntamento certo per ognuno di noi. La morte, sorella morte, è una porta attraverso cui raggiungiamo la dimensione profonda da cui proveniamo, l'aspetto invisibile in cui crediamo, le cose che restano perché - come diceva il saggio Petit Prince - l'essenziale è invisibile agli occhi. Siamo immortali, amici, dal momento del nostro concepimento siamo immortali e tutta la nostra vita consiste nello scoprire le regole del gioco, il tesoro nascosto, come un feto che cresce per essere poi partorito nella dimensione della pienezza. Siamo immensamente di più di ciò che appariamo, più di ciò che pensiamo di essere. Siamo di più: la nostra vita, per quanto realizzata, per quanto soddisfacente non potrà mai riempire il bisogno assoluto di pienezza che portiamo nel nostro intimo. E Gesù ce lo conferma: sì, è proprio così, la tua vita continua, sboccia, fiorisce, cresce. Per una pienezza di ricerca e di totalità se hai scoperto le regole del gioco, per una vita di dubbio e di inquietudine, se hai rifiutato con ostinazione di essere raggiunto. |