Omelia (07-11-2008)
Paolo Curtaz


Tranquilli, amici, oggi Gesù non giustifica il nostro essere furbastri, né autorizza all'illegalità o all'evasione fiscale... Con la strana parabola dell'amministratore disonesto, Gesù fa un'amara constatazione: mettiamo molta più grinta nelle cose della terra che in quelle del cielo. Gesù non ci invita a diventare dei ladroni, ma a mettere impegno nelle cose dello Spirito almeno quanto ne mettiamo nelle cose della terra. Non siamo forse tutti inquieti per il nostro futuro? Per l'inflazione? Non temiamo forse di perdere i nostri risparmi e chiediamo consiglio, ci informiamo, leggiamo? Non abbiamo forse passato qualche ora insonne a riflettere su come uscire da una fragile situazione economica? Bene, facciamo bene, è normale. Ma, almeno, mettiamo la stessa intensità nel pensare alle cose più autentiche e luminose della nostra vita! È difficile restare cristiani, amico che leggi, lo so. È inutile e dannoso sentirsi in colpa perché non riusciamo a condurre una vita spirituale, inutile deprimerci se sentiamo di non avere più l'energia e la lucidità necessaria alla preghiera alla fine di un'estenuante giornata di lavoro. Questo è il nostro tempo, amici, il tempo in cui il Rabbì ci ha posti a vivere, vediamo se riusciamo, almeno nel desiderio, ad investire con scaltrezza, cioè facendoci furbi, un po' di tempo e di cuore nell'essenziale.