Omelia (10-11-2008)
Paolo Curtaz


Sì, ci vuole fede per perdonare sette volte, cioè sempre. Pensateci bene: viene da voi un amico e vi chiede scusa perché vi ha sparlato dietro; fate i signori, lo perdonate, che diamine siamo pur sempre dei cristiani! Dopo due ore torna e vi chiede di nuovo scusa perché, nel frattempo, vi ha di nuovo lavato i panni in piazza... non vi sentite presi in giro? Eppure Gesù ci sfida, ci chiede di osare, anche se abbiamo l'impressione di essere presi in giro, di avere fede nella capacità del perdono di cambiare definitivamente le persone. E ce ne vuole di fede, specialmente in questi tempi di cani rabbiosi in cui tutti guardiamo tutti con diffidenza a tutti. I cristiani sono chiamati a diventare anzitutto dei testimoni credibili di perdono, capaci di amare e di donarsi e di guardare con comprensione e misericordia chi sbaglia come noi, perché noi per primi perdonati. Il perdono non è una debolezza, come molti pensano, né un''ingiustizia: spesso diviene una necessità per continuare a sperare, per riuscire a vivere. In questi tempi di diffidenza, di violenza verbale gratuita, di aggressività continua, i discepoli del misericordioso possono diventare testimoni di riconciliazione, anche a costo di apparire deboli. Perdoniamo, oggi, superiamo i dissidi, sempre. Passeremo, magari, per fessi ma, credetemi, questa è la logica capace di scardinare il mondo...