Omelia (12-11-2008) |
Paolo Curtaz |
Quella di oggi è una pagina che mette in discussione un modo assai diffuso di pensare, anche tra i fratelli cristiani. Sento spesso dire: «Basta la salute, la salute è tutto, quando c'è la salute!». Vero, verissimo, lo sa bene chi è stato o sta male, chi deve fare i conti con la malattia e la fatica dell'esistere, la salute è un bene prezioso e va conservato e tutelato. Ma Gesù aggiunge una cosa: più importante della salute c'è la salvezza, perché puoi scoppiare di forza e di energia e buttarti via nel buco di una siringa, puoi essere una persona con la salute fragile e vivere la tua vita come un dono d'amore. Il gioco di parole che Gesù usa e che testimonia del suo addolorato stupore dice bene: «Dieci sono stati sanati, uno solo si è salvato». I nove che si sono sentiti guariti non hanno neppure volto lo sguardo al Dio cui si erano rivolti con autentico dolore e sofferenza. Il samaritano, che non aveva un tempio che lo ospitasse per ringraziare la sorte, torna dal Tempio, il Signore Gesù. Gesù è stupito dall'ingratitudine. È molto più semplice guarire gli uomini dalla malattia che dall'ingratitudine! Il Dio a cui ci rivolgiamo, è il Dio che deve guarirmi e risolvermi i guai? Il samaritano, straniero, non sa capacitarsi di tanta grazia, di un tale dono e torna indietro a ringraziare. Anche noi, salvati, facciamo diventare questa giornata un ringraziamento, che non ci accada di sentire rivolto a noi il rimprovero addolorato del Maestro... |