Omelia (25-11-2008)
Paolo Curtaz


Il Signore Gesù ha ragione: malgrado l'immenso sforzo della gente di Gerusalemme e del grande re Erode, il tempio di Gerusalemme, ci racconta la storia, sarà raso al suolo a pochi anni dalla sua costruzione, qualche decennio dopo la morte di Gesà. La storia umana è piena di opere dell'ingegno umano, di opere d'arte, che bene manifestano lo sforzo dell'uomo intento a costruire luoghi che ci spingono all'altrove, che ci innalzano, che ci stupiscono. Ma la storia è altrettanto piena di uomini e di guerre che radono al suolo ogni cosa, ogni opera d'arte, ogni tentativo di superarsi. Gesù è severo nel giudicare questo atteggiamento, nel condannare la violenza e ci invita a non lasciarci spaventare. Le guerre e le violenze non sono il segno della sconfitta di Dio, né della sua punizione, non sono catastrofici segnali di una imminente fine, ma - per il credente - sono l'invito alla conversione, ad andare all'essenziale, a non lasciarsi turbare. E Gesù, con preveggenza, ci ammonisce e ci invita a non lasciarci influenzare dagli improbabili guru del tempo contemporaneo, dalle cartomanti agli invasati spirituali. No, amici, il vangelo ci basti nell'attesa del ritorno del Signore, il vangelo ci basti per costruire il Regno là dove l'umanità langue, per diventare noi, col nostro agire, testimoni della speranza cristiana.