Omelia (10-12-2008) |
Paolo Curtaz |
Mettiamo le ali come aquile, riprendiamo forza e vigore quando scopriamo di essere amati. Isaia si rivolge al popolo in esilio, prigioniero di Nabucodonosor e lo invita a guardare avanti, ad andare oltre. Ammirando l'ordine del Creato, la perfezione e la potenza del Cosmo, il popolo ebraico scopre quando grande è l'intelligenza di Dio. E la sua compassione. Gesù si accorge della fatica che facciamo, vede che siamo sballottati e privi di forze e prova compassione. Patisce insieme a noi, decide di condividere il nostro dolore e la nostra fatica. L'incarnazione ci riempie di stupore: Dio rinuncia alla sua divinità per condividere ed assumere la nostra fatica, la nostra stanchezza, per renderci simili a lui, come dicono i Padri della Chiesa. Andiamo a Gesù, prendiamo su di noi, sul serio, il giogo del Vangelo, la prospettiva dell'amore, un carico leggero e dolce, che ci aiuta a vedere noi stessi e gli altri in una prospettiva diversa. In questo cammino di conversione al Natale vero, all'accoglienza interiore di Cristo, alla riadesione al Vangelo senza "se" e senza "ma" vogliamo tornare all'essenziale della fede, al nucleo centrale del messaggio evangelico. Che è proprio questo: Dio ti ama fino a diventare uomo, fino a rinunciare a se stesso. Potremo mai contenere tanta misericordia? |