Omelia (19-10-2003)
don Romeo Maggioni
Dare la propria vita in riscatto per molti

"Maestro, noi vogliamo che tu ci faccia quello che ti chiediamo". Tutte le domeniche veniamo a messa per questo; siamo gente che pensa proprio di aver bisogno di Dio, e ne viene a chiedere l'aiuto.
Ma che cosa veniamo a chiedere? Quale Dio veniamo a supplicare che ci aiuti? Spesso non veniamo esauditi perché chiediamo cose che sono tutt'all'opposto di quel che è la logica di Dio: "Voi non sapete ciò che domandate", si lamenta oggi Gesù!
Ecco: qual è la logica di Dio? Qual è il suo vero volto, e quindi il suo agire tra noi? E di conseguenza: qual è lo stile del discepolo di Gesù, e, in definitiva, la sua fecondità e salvezza?

1) DARE LA VITA IN RISCATTO

Andiamo al nocciolo della questione. Tutta la vita di Gesù e la sua morte sono state uno scontro con l'idea di un Messia potente e vincitore che gli Ebrei si aspettavano. L'evangelista Matteo formula questo scontro nelle tentazioni al deserto: Gesù sceglie non un messianismo miracolistico, di potere e di prestigio, ma quello di una obbedienza al Padre, di una piena fiducia in Lui, anche contro interessi propri. Questo messianismo del Padre si rivela con la croce. Dicono a Gesù là appeso: scendi dalla croce, fatti vedere un Dio che vince e sbaraglia i nemici! Ma Gesù rimane là per fedeltà al disegno di Dio, che appunto vuole un modo diverso di fare il Messia, e salvare. Naturalmente le attese e le delusioni degli Ebrei sono anche le nostre. Anche noi ci aspettiamo un Dio che deve vincere, vincere per noi, e magari senza troppo nostro scomodo. E' l'idea mitica di Dio che si scontra però con la realtà di un Dio diverso.

Lo sconcerto e lo scandalo sta appunto qui: che Dio vince e salva con la donazione di Sé e l'immolazione: "Il Figlio dell'uomo è venuto per dare la propria vita in riscatto per molti". Questo è il cuore del mistero cristiano e la sfida ad ogni altra idea religiosa di Dio. La prima lettura rievoca la figura del Servo Sofferente che si offre in espiazione per la salvezza di molti..., antica e tra le più precise prefigurazioni del Messia che è Gesù crocifisso. La fecondità di Gesù - e quindi la salvezza per noi - sta proprio in quel "sangue sparso" e in quel "pane spezzato" che Lui ha scelto come segno e contenuto del suo morire in croce per noi. La croce, un Dio sconfitto e crocifisso, è lo "spettacolo" (Lc 23,49) scandaloso che Dio vuol donare di Sé, come propria immagine più vera e specifica.

Perché? Cosa voleva dire e mostrare? Anzitutto l'amore del Padre per noi uomini: "Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con Lui?" (Rm 8,32); e insieme l'amore del Figlio per tutti noi: "Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici" (Gv 15,13). Per l'uomo peccatore, cioè sospettoso di Dio, proprio questo era necessario mostrare per fargli cambiare atteggiamento nei confronti di Lui. E secondo: per mostrare - Gesù in quanto uomo e nostro rappresentante - l'amore totale di un uomo verso Dio fino al dono totale di sé, fino al rischio dell'assurdo: "Padre mio, se è possibile passi da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi Tu!" (Mt 26,39). Dal rifiuto col peccato ora l'uomo si riscatta con l'obbedienza rischiosa e pura. Questo è il senso profondo della croce, e quindi la vera logica di Dio nel trattare con gli uomini!

2) LO STESSO CALICE E LO STESSO BATTESIMO

"Potete bere il calice che io bevo, o ricevere il battesimo con cui io sono battezzato?". Questa è la posta in gioco seria per chi vuol essere autentico discepolo di Gesù: "Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua" (Mt 17,24). Non ci sono scappatoie: in un modo o nell'altro dobbiamo prendere la nostra croce personale che esprima in un modo eroico l'amore a Dio (= la nostra identità di figli obbedienti a Dio!), e, come incarnazione e prolungamento (= cioè la nostra missione) l'amore al prossimo, con la medesima gratuità di Gesù, cioè del cuore di Dio! La logica di Dio è l'amore come dono totale di Sé! La nostra risposta a Lui non può essere che in questa logica, altrettanto esigente, radicale e seria.

Gesù ha tradotto nel comando dell'amore questo modo specifico di essergli discepoli: "Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri" (Gv 13,34-35). Un giorno lo fissò in una immagine, si mise a lavare i piedi ai suoi discepoli, poi disse: "Sapete ciò che vi ho fatto? Se io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho infatti dato l'esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi" (Gv 13,14-15). Nell'imitare Cristo sta la radice della carità del cristiano, e al tempo stesso la motivazione: "L'avete fatto a Me" (Mt 25,40).

Così si capisce anche la logica che deve governare il nuovo ordine fondato da Gesù, quella del servizio: "Fra voi però non è così: ma chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore, e chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti". E' tutta una logica opposta a quella del mondo, e anche a quella del "nuovo" ordine mondiale, fatto di potenza e rivendicazioni, non di rispetto e servizio. Tanto più questa deve essere la logica entro la Chiesa, dove l'autorità è servizio e valorizzazione del dono di tutti per l'utilità comune.

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Si parla oggi di "bere il calice", e "ricevere il battesimo". Certamente nel linguaggio cristiano si fa allusione al nostro Battesimo e all'Eucaristia che ci uniscono al mistero pasquale di Cristo, alla sua morte e risurrezione.
Certo, perché tutto l'impianto cristiano non è imitazione di Gesù, ma connessione e inserimento in Lui, come tralci d'una vite, da cui ricevere - appunto mediante i sacramenti - forza vitale a vivere la sua stessa avventura di morte e di vita.
E' appunto dalla messa ogni domenica che attingiamo noi cristiani impegno e forza di carità per vivere la vita come servizio ai fratelli.