Omelia (03-01-2009) |
Paolo Curtaz |
Giovanni fatica a riconoscere il Messia. Lui stesso, che ha passato la vita ad attenderlo, resta spiazzato dalla mitezza, dalla pochezza del volto di Dio. San Paolo mediterà stupefatto su Gesù che si fa nulla, si annienta, si cancella per amore. Mischiato con gli altri penitenti, in coda per ricevere un battesimo per il perdono di peccati che non ha commesso, ma di cui vuole condividere le conseguenze, Gesù da subito esprime il suo desiderio di unione profonda, di condivisione totale con l'umanità che intende salvare. Giovanni lo riconosce infine, quando lo vede venire verso di lui, e lo indica presente come un agnello che porta il peccato, come un mite che intende rischiare tutto, anche la vita, pur di donarsi, pur di amare fino alla consumazione. Così accade anche a noi: il Signore si fa accanto a noi nei modi e nei tempi che non ci aspettiamo, spiazzandoci, costringendoci a uscire dalle nostre false visioni di Dio per incontrarlo nella povertà disarmante dell'umanità penitente. Il mite ci viene incontro, nella spogliazione di un Natale che abbiamo voluto fintamente pomposo, falsamente e ipocritamente trionfale. Il bambino è, da subito, segno di contraddizione, da subito il perseguitato, il crocifisso. Accoglierlo significa accogliere la disarmante logica dell'arrendevolezza. |