Omelia (11-01-2009) |
Paolo Curtaz |
Iniziamo l'anno civile e finiamo il tempo natalizio con questa sconcertante verità: Dio mi ama, e mi ama bene. Non è forse l'ultimo tassello della meraviglia che ha accompagnato le settimane di Natale? "Tu sei il mio figlio bene-amato, in te mi sono compiaciuto" così il vangelo scrive nella teofania che rivela la missione e la vera identità di Gesù. "Prediletto", traduce la nostra Bibbia, ma preferisco il più letterale "bene-amato" che soggiace al termine greco originale. Gesù è anzitutto "bene-amato" e in lui Dio si "compiace". In Cristo - dice san Paolo - anche noi siamo figli, anche noi divenuti co-eredi, anche noi, anch'io sono bene-amato e in me il Padre si compiace. Questa è l'assolta novità del cristianesimo. Siamo amati a priori, a prescindere, prima, gratis. L'amore di Dio è gratuito, non pone condizioni per amare. Dio si compiace di me perché vede il capolavoro che sono, l'opera d'arte che posso diventare, la dignità di cui egli mi ha rivestito. Allora, ma solo allora, potrò guardare al percorso da fare per diventare opera d'arte, alle fatiche che mi frenano, alle fragilità che devo superare. Il cristianesimo è tutto qui, Dio mi ama per ciò che sono, Dio mi svela in profondità ciò che sono: bene-amato. Festeggiamo, oggi, il nostro battesimo, il giorno benedetto in cui è stato messo nel nostro cuore il seme della presenza di Dio, il giorno in cui siamo diventati concittadini dei santi e famigliari di Dio, il giorno in cui siamo stati "bene-amati". |