Omelia (26-10-2003)
don Romeo Maggioni
Rabbunì che io riabbia la vista

Anche oggi passa Gesù il Nazzareno per le nostre contrade di non vedenti. Ciechi siamo e indifferenti alla realtà di Dio; e forse anche distratti e disabituati a porre le stesse domande di senso e di destino, presi come siamo dalla corsa della vita.
Eppure sentiamo che qualcosa ci manca: se la scienza ci ha reso più comoda la vita, non le ha però dato il significato, né ha risolto l'interrogativo sul mistero e sull'aldilà. Siamo come ciechi che "a tentoni nel buio" vogliono vederci chiaro, scavalcare i limiti del proprio orizzonte troppo piccolo e soffocante, aprirsi alla dimensione del divino che sentiamo in qualche misura connaturato a noi stessi da sempre.
L'esperienza di Bartimeo oggi ci è riproposta quale itinerario emblematico per passare dalla cecità alla vista, quella vista profonda che è la fede nell'uomo Gesù Cristo salvatore.

1) L'INVOCAZIONE DELL'UOMO

Decisamente il primo passo è avere coscienza del proprio limite e non rassegnarvisi. Bartimeo era cieco e "sedeva lungo la strada a mendicare". Chi è sazio, chi si accontenta del poco e della banalità d'ogni giorno, chi si aliena nel piacere e nella distrazione, o cerca paradisi irreali e devastanti quali la droga o la violenza per gioco, o semplicemente anche il potere e il prestigio..., non può sentire di essere cieco, e alla noia e disperazione ha già trovato soluzioni sbagliate, forse irriformabili! Pur nella crescente indifferenza religiosa però, va maturando tra noi un risveglio di domanda del sacro; e nella nostra stessa società opulenta si va affinando il gusto spirituale, dopo il disincanto di fronte al consumismo e la caduta delle ideologie. Non soffocare, anzi educare il senso religioso è la soglia decisiva da superare per incontrare il mistero di Dio e la salvezza. Ottenesse almeno questo l'ora di religione che si fa nelle scuole...!

Dal bisogno al grido d'aiuto: "Costui, al sentire che c'era Gesù Nazzareno, cominciò a gridare e a dire: Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!". Se uno è in attesa, se uno è nel bisogno,... sente; e appena sente, invoca! Capita forse a troppi cristiani di sentire tutte le domeniche l'annuncio di Cristo, il segnale che passa Gesù salvatore, ma di rimanere indifferenti, di non saper alzare il grido d'aiuto..! Per quanti di noi il cristianesimo è talmente 'minestra riscaldata' che non ne cogliamo più la novità e la forza salvifica! Sia perché poco conosciamo dei suoi specifici contenuti, sia perché veniamo alla chiesa non col bisogno di Dio.

Eppure la Chiesa proprio questa invocazione ci fa cantare fin dall'inizio: Signore, abbi pietà di me: Kyrie eleison!
Capita anche di essere distolti dal nostro ricercare e invocare il Signore. "Molti lo sgridavano per farlo tacere". Non è soltanto il figlio fatto grande che ti dice: Ma.. vai ancora a messa? E' soprattutto la situazione di cultura secolarizzata in cui viviamo, connotata di indifferenza e assoluta separazione tra fede e vita, che crea asfissia al senso religioso e lo fa morire, o lo relega al massimo nell'ambito del privato e del sentimento. Più spesso è aperta ostilità o disprezzo da parte di quella pseudocultura da tuttologi che ormai ogni sera si esibisce sui nostri teleschermi, in dibattiti sempre e ugualmente manipolati a senso unico contro la fede e ogni più sacro valore morale. Ma Bartimeo reagisce, è un libero e un controcorrente: "Ma egli gridava più forte: Figlio di Davide, abbi pietà di me!".

2) LA RISPOSTA DI DIO

Di fronte ad un uomo libero e coraggioso, "Gesù si fermò e disse: Chiamatelo!". Ecco cosa fa piacere a Gesù: una scelta personale, una fede libera e decisa. "Ed egli, gettato via il mantello, balzò in piedi e venne da Gesù". Quale entusiasmo, quale gioia d'aver incontrato finalmente il suo Salvatore! Dio prende l'iniziativa e ci sollecita e chiama in tante forme; spesso, come qui, attraverso l'intermediazione di altri fratelli: "Coraggio! Alzati, ti chiama!". Infiniti sono i segnali – san Paolo direbbe: i pungoli - coi quali Dio ci chiama. Mai come oggi la Chiesa è stata attiva nella missionarietà ed evangelizzazione. Si tratta poi di rispondere di sì, di non lasciar cadere l'invito, di balzare in piedi con coraggio e dire: Ecco, ci sto, mi metto a disposizione per lasciarmi toccare e sanare da Cristo e dalla sua grazia!

"Allora Gesù gli disse: Che vuoi che io ti faccia? E il cieco a lui: Rabbunì, che io riabbia la vista! E Gesù gli disse: Va', la tua fede ti ha salvato". L'interpellanza di Gesù al cieco è per farlo giungere alla fede: "Maestro", lo chiama, appunto perché vede in Gesù qualcosa di più di un taumaturgo, e all'evangelista Marco preme di leggere l'episodio in chiave di simbolo. A Lourdes, sulla stradetta che scende alla grotta, v'è una scultura che riproduce un cieco con in mano una croce; il commento scritto è: E' più grande il dono della fede di quello della vista! La fede è esattamente quell'intelligenza delle cose come le vede e le giudica Dio, nella loro globalità quindi, spiegazione piena e soluzione.
Alla illuminazione della fede segue la sequela: "E subito prese a seguirlo per la strada". Era la strada che conduceva Gesù a Gerusalemme dove presto avrebbe iniziato la sua passione. Dei discepoli che lo seguivano è annotato poco prima dall'evangelista: "Coloro che gli venivano dietro erano stupiti e pieni di timore" (Mc 10,32). Ora, dopo il dono della fede, finalmente un nuovo discepolo può seguire Gesù fino in fondo, fino alla croce, senza più paura. Perché sa - questa è la scommessa della fede - che dalla croce, vissuta con Gesù e come Lui, nasce poi la risurrezione e la vita.

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Dio ci libera dai nostri limiti e dai nostri mali non perché meritiamo, ma semplicemente per suo dono gratuito. Questa è una grande sicurezza per noi: chi infatti potrebbe vantare meriti davanti a Lui?
Ma il fondamento di questa gratuità è ancora più sicuro ed esaltante. Ce lo dice oggi la pagina di Geremia: "Il Signore ha salvato il suo popolo. Erano partiti nel pianto, io li riporterò tra le consolazioni; perché io sono un padre per Israele, Efraim è il mio primogenito". Ecco la radice: un legame originario e indistruttibile ci lega a Dio, esattamente dal giorno in cui decise di fare d'ogni sua creatura un figlio proprio, fatto a immagine di quell'Unigenito Gesù Cristo che divenne da allora primogenito di molti fratelli. Riconoscere tale figliazione e corrispondervi è, in sostanza, tutto il contenuto della nostra risposta di fede.
Chiediamola allora: "Maestro, che io riabbia la vista!", per vedere fino in fondo la nostra più vera identità e realizzarla!