Omelia (15-01-2009) |
Paolo Curtaz |
«Lo voglio!», l'annotazione, perentoria, dell'affermazione di Gesù nei confronti di un uomo lebbroso, indica, nel vangelo, la convinzione profonda di Gesù, il compassionevole, ad assolvere la sua missione. La guarigione della lebbra, una malattia che oltre al dolore escludeva dalle relazioni, è il segno che le parole di Gesù sono efficaci. Il Regno avanza e le conseguenze del peccato, la malattia, la morte, retrocedono. È una specie di contagio virtuoso, la guarigione esprime una guarigione più profonda, collettiva, che Gesù viene a portare. Il fatto che Gesù si ritiri in luoghi deserti, fuggendo la fama che rischiava di travolgerlo, e l'ammonizione a tacere che egli fa ai sanati, fanno parte della stessa logica: Gesù non vuole essere scambiato per un maghetto, non vuole ambiguità nella sua missione. Pochi sono stati i guariti durante l'opera di Gesù, guariti per testimoniare la venuta del Regno. Corriamo il rischio, reale, di immaginare una vita sana come una vita necessariamente felice. La salute è importante, lo sanno bene i malati gravi!, ma non è tutto. Succede ancora di avere delle persone che improvvisamente diventano devote alla scoperta di una qualche malattia. Gesù è venuto a portare la salvezza, non la salute, la guarigione interiore dell'uomo. Dio non è un medico particolarmente bravo, ma l'origine del bene! |