Omelia (17-01-2009)
Paolo Curtaz


Fa impressione leggere la conversione di Levi il pubblicano. Fa impressione leggere il racconto nel suo vangelo, ovvio, ma anche sentirselo raccontare da Marco. Ed emerge chiaramente che la chiamata di Matteo destò grandissimo scalpore, per quella risposta birichina e libera, profonda e destabilizzante che il Signore Gesù diede ai benpensanti di allora e di oggi: non sono i sani ad avere bisogno del medico, ma gli ammalati. Verità sconcertante e che, pure, fatichiamo ad accettare in tutte le sue conseguenze. Pensiamo «Va bene, ma che si sbrighino a guarire!» o, peggio, nelle comunità, nascondiamo i nostri malanni spirituali o storciamo il naso quando vediamo qualche fratello che ancora deve capire e cambiare delle cose che non vanno. Se capissimo cos'è la misericordia! Se osassimo amare e perdonare senza condizioni! Se imitassimo, infine, il Maestro! La Chiesa è una comunità di perdonati, non di giusti, di figli, non di perfetti! Se davvero osassimo il Vangelo nelle nostre relazioni, mettendo al centro la tenerezza di Dio! Paolo, il grande convertito, fu talmente segnato dall'esperienza della tenerezza da diventarne lo strenuo difensore, nella sua tribolata vita di apostolato. Chi ci separerà dall'amore di Cristo? Nulla: egli ancora ci raggiunge e ci chiama a seguirlo...