Omelia (18-01-2009) |
Paolo Curtaz |
Ecco ciò che ci attende nell'ordinarietà del nostro tempo: l'incontro con il Signore, l'esperienza della sequela. Se sapremo ogni giorno spalancare gli occhi e riconoscere l'Agnello che passa, potremo cambiare la nostra vita con autenticità e maggiore luce interiore. Gesù chiede ai due discepoli di Giovanni: "Che cercate?". Potremmo a ragione tradurre "Che volete?". Cosa cerchiamo quando ci mettiamo alla ricerca di Gesù? Chi cerchiamo veramente? È una domanda all'apparenza dura e che pure rivela il profondo rispetto che Gesù ha nei confronti della nostra umanità. La risposta dei discepoli rivela tutta l'insicurezza della loro scelta: "Maestro, dove abiti?". È lui che, allora come oggi, ci risponde: "Venite a vedere". Non chiedere, fidati, muoviti, fa' diventare questa ricerca un'esperienza, investi... La fede - quante volte lo dico! - non è "fare", "sapere" ma "conoscere". Noi per primi siamo chiamati ad andare a vedere, noi per primi siamo chiamati a fare l'esperienza della sequela. Ed essi andarono. Videro e restarono con lui. Dopo essersi fidati restano, accettano, si lasciano coinvolgere. L'annotazione finale di Giovanni è simpaticissima: "Erano circa le quattro del pomeriggio". Quel giorno, quell'istante, è così importante per lui che segna l'inizio di una vita nuova. Sono passati forse sessant'anni da quell'evento e il discepolo ricorda l'ora precisa, tutto è cambiato, ormai, per Giovanni e Andrea: quel giorno è stato l'inizio di una nuova Creazione. Per chi incontra il Signore i giorni non sono più uguali, ma diventano gravidi di una luce nuova. |