Omelia (24-01-2009)
Paolo Curtaz


La piccola, piccante annotazione di Marco ci lascia sgomenti e un'altra volta, nel suo vangelo, l'evangelista annoterà l'incomprensione dei famigliari di Gesù, annoverando tra questi, a sorpresa, sua madre. È molto forte questa cosa, quasi destabilizzante. Gesù appare come uno che taglia i rapporti con i famigliari, che corre il rischio dell'incomprensione, che viene scambiato - addirittura - per uno "fuori di testa" perché totalmente impegnato ad annunciare il Vangelo. L'intento di Marco è didattico: far parte dei discepoli, far parte della Chiesa (quella di Dio, non quella brutta copia che, troppo spesso, sperimentiamo) è un'esperienza talmente forte da poter sostituire l'esperienza famigliare. E so che, tra voi lettori, molti hanno fatto quest'esperienza, intessendo con fratelli cristiani rapporti più profondi autentici di quelli derivanti dai legami di sangue... Quanto forte dev'essere l'incontro con Dio, se Marco propone un'esperienza di vita più forte della famiglia? Così san Paolo, nelle sue lettere, considera le proprie comunità come una nuova forma di famiglia, unita in Cristo. Non spaventiamoci, amici, se succede che i nostri famigliari ci prendano per degli esaltati o per dei "fuori di testa" perché preghiamo o partecipiamo a un ritiro o adottiamo un bambino: siamo in buonissima compagnia.