Omelia (19-10-2003)
mons. Antonio Riboldi
"Andate e dite a tutti..."

Il mese di ottobre non è solo il mese del S. Rosario, ma è tempo che la Chiesa dedica alle "missioni".
Siamo stati forse abituati, ogni volta che si parla di missione, a fermare la nostra attenzione e la nostra solidarietà a quanti all'estero e in condizioni difficili fino al martirio, portano la Buona Novella a chi non sa ancora che Dio, il Padre, ci ha tanto amato e ci ama e vuole che tutti, ma proprio tutti, senza distinzione, conoscano tanto amore: un amore che non si ferma a una semplice giustizia o solidarietà umana, ma va oltre: investe tutta l'esistenza fino alla partecipazione ad una felicità eterna con Lui.
In altre parole vuole che tutti sappiano che hanno un Padre e non sono "cose casuali" su questa terra, che ha ben pochi segni di un amore senza limiti. Non conoscere il Padre, ossia la nostra origine, è non conoscere in pratica il senso della nostra vita ed è una ignoranza inconcepibile. Il Padre tanto ci ama che ha voluto farci dono di Suo Figlio, fino a sacrificarlo, perché per tutti siano aperte le porte della grande Casa Celeste, che è la sede naturale per chi è nato da Dio. Nessuno qui può essere nulla! Tutti apparteniamo al cuore del Padre, che vorrebbe farci sentire e vivere il suo inimmaginabile amore.
Solo un quinto degli abitanti della terra sanno che Dio è nostro Padre.
Ma tutti sentono il bisogno di essere amati e si sentono rivestiti di una dignità e grandezza, che non può essere frutto di uomini: sono come occhi che scrutano in alto, tanto in alto.
E allora "andate e dite a tutte le genti la Buona Novella battezzandole nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo": è la missione che Gesù ha dato alla sua Chiesa e che la Chiesa deve assolvere. Tutti siamo in questo senso missionari.
Forse è rimasto in noi una mentalità per cui la "missione" riguardi altri e non noi. E viene la tentazione di celebrare questo mese pensando all'Africa, dando qualche spicciolo che aiuti chi lavora in luoghi dove non è arrivata la giustizia sociale, ingoiata dall'egoismo del benessere, liquidando la missione con un commosso pensiero.
Ma credo che la situazione della Chiesa universale vada vista con occhi diversi, ossia con l'occhio del cuore e della fede, che poi è lo sguardo del Padre su tutta l'umanità, che gli appartiene come una sola famiglia.
Parlando di missione occorre ripartire da ognuno di noi, per chiederci se brucia in noi quel necessario desiderio che tutti conoscano Dio: un desiderio che nasce dalla intensità o meno della fede e questa dalla conoscenza vera del Padre. "Voi siete miei amici, diceva Gesù nella intimità dell'Ultima Cena, perché vi ho fatto conoscere l'intimità del Padre".
Fa male, credetelo, quel "silenzio" su Dio che regna in troppi, che pure dicono di essere cristiani: una etichetta che si è pronti a mostrare quando ciò conviene per i nostri interessi, in ambienti che contano, o davanti alla pubblica opinione, per interessi politici o partitici o altro...
Il grande martire S. Ignazio scriveva alla sua chiesa che lui si riteneva degno del nome di cristiano solo nel momento di dare la vita nel martirio. Fa tanto male il silenzio su Dio che è nelle famiglie, che dovrebbero essere la prima comunità missionaria, soprattutto verso i figli. E' un silenzio che poi diventa pericoloso disorientamento dei figli, nel momento delle scelte, che sono la manifestazione della volontà di Dio: ed è un silenzio che a lungo andare causa quella tragedia dei matrimoni a pezzi.
Fa male quel silenzio che è nella nostra società, che si appella magari alle radici cristiane della nostra fede nella costituzione europea e poi si scandalizza o emargina, se incontra nella vita economica, del lavoro o del semplice stare insieme, chi professa la sua fede.
E fa male quel silenzio anche nelle nostre comunità cristiane, che sembra abbiano perso la Parola e sono comunità mute nel mondo.
Viene da arrossire pensando al sacrificio di tanti nostri missionari che giocano la loro vita ogni giorno per Cristo.
E viene da vergognarsi profondamente, di fronte al nostro silenzio missionario, sentire che tanti fratelli in missione, e non solo, affrontano il martirio, dando così a Cristo ed agli uomini la prova sublime della missione, quella di dare la vita per annunciare la Buona Novella.
Ci si riempie il cuore di tanta, ma tanta sofferenza, nel vedere oggi le nostre Chiese divenute museo o una memoria di fede vissuta, che non c'è più.
Basta osservare come lentamente si svuotino le nostre Chiese la domenica, per scegliere altro, che nulla ha a che vedere con la nostra voglia di vivere Cristo e provare la gioia di stare insieme, come era nelle prime comunità cristiane.
Non ci accorgiamo che senza la Buona Novella, proclamata dalla fede, il mondo è "senz'anima", come non esistesse.
Mi recai un giorno in una città, dove si celebrava la festa, totalmente pagana, materialistica, senza lasciare uno spazio alla cultura ed alla fede. Non si rassegnava il sacerdote a questo ateismo pratico. Mi chiamò per una conversazione. "Gli altri anni, mi confessò, abbiamo tentato di rompere questo ghiaccio dell'anima senza successo. Non riusciamo a mettere insieme più di venti, trenta persone". La sera, alle ore 21, nella grande aula di una scuola, vi .erano 20 persone! Di fronte allo scoraggiamento dei responsabili dissi: "Abbiate fede...diamo il quarto d'ora d'attesa ai pigri". E la grande sala si riempì, fino a essere costretti a seguire la conversazione stando fuori, affacciati alle finestre. Il tema era: "Senza Cristo la vita non è vita".
Durò un'ora e mezzo la conversazione. Nessuno accennava alla voglia di andarsene. Alla fine fui io ad invitare tutti a tornare a casa, perché erano le ore 23. Nessuno si muoveva. Uno prese la parola e disse: "Continui, Padre, qui c'è davvero vita e voglia di vivere; fuori c'è i1fetore delle cose morte che noi chiamiamo "vita".
Essere missionari oggi non può essere un hobby di qualcuno più fervoroso: è enorme responsabilità di tutti noi. Predicare Cristo a un fratello, ovunque, è la più grande carità che si possa fare agli occhi di Dio. Bisogna che davvero sciogliamo le nostre lingue senza più vergognarci di Dio. Anche se a volte questo, in alcuni ambienti, è come andare incontro ad un "martirio bianco". Ma non è grande onore questo e gloria davanti agli Angeli? Ascoltiamo il S. Padre: "Se identico in ogni tempo è il Vangelo da annunciare, diversi sono i modi con cui tale annuncio può essere realizzato. Ciascuno quindi è invitato a proclamare Gesù e la fede in Lui in ogni circostanza; attrarre altri alla fede, attuando modi di vita personale, familiare, professionale e comunitaria che rispecchino il Vangelo, irradiare intorno a sé gioia, amore e speranza, perché molti, vedendo le nostre opere buone, rendano gloria al Padre che è nei cieli, così da venire contagiati e conquistati e divenire lievito che trasforma e anima dal di dentro ogni espressione culturale" (E.in E.n.48).
E il S. Padre questo lo fa con quella passione che gli conosciamo: si ha come l'impressione che voglia farlo fino a finire la sua vita sulla breccia!
Tocca a noi dare voce a Cristo, così che torni ad essere luce del mondo. L'invito di Gesù: "Andate e predicate a tutti gli uomini la Buona Novella" è detto a noi oggi. Ascoltiamolo.
Questo "sito Internet", anche se piccola cosa, è il grande desiderio che sento, di fare incontrare a più gente possibile, Gesù. L'esperienza, dopo alcuni anni, mi conforta, sapendo che la Parola di Dio arriva davvero in tutto il mondo, tante sono le nazioni che la ricevono...con mio stupore e gioia.
E so che tanti di voi ritengono un dono farla conoscere ai vicini, agli amici, così che la "nostra famiglia domenicale" si sta facendo grande, tanto grande.
Grazie per questo, miei cari amici, che siete diventati "missionari".