Omelia (01-11-2010)
don Giovanni Berti
Il canto delle beatitudini...

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Mi piace ogni tanto, come succede in questa festa dei Santi, tornare su questo monte insieme ai discepoli per ascoltare Gesù e le sue parole.
Le ho sentite un sacco di volte, e proprio per questo voglio riascoltare questo che sento come un canto che dalle orecchie scende direttamente al cuore.
"Beati.... Beati... Beati..."
Con queste nove beatitudini, Gesù inizia un lungo discorso, riportato da Matteo nei capitoli successivi, ricco di insegnamenti forti e bellissimi, che sono il cuore dell'insegnamento del Maestro.
La tradizione ha identificato un luogo reale e concreto riguardo questo monte, e se si va in pellegrinaggio in Palestina, lo si visita sempre, come tappa fondamentale alla ricerca dei luoghi del Vangelo.
Ma a me non importa che sia un luogo fisico. Quel che mi interessa è sapere che dal monte delle beatitudini vedo la realtà della mia vita e della vita del mondo in modo diverso, con lo sguardo "alto" di Gesù.
Il panorama è davvero vasto e si perde all'infinito, proprio come in quelle giornate limpide dopo una pioggia in montagna, dove riesco a scorgere anche i dettagli più lontani e le distanze sembrano accorciarsi...
Quante volte pensiamo la fede come qualcosa che ci limita, ci ingabbia in regole rigide, e ci immette in una assurda gara di chi è più bravo e di chi sarà premiato e chi condannato. La santità stessa la concepiamo come punto di arrivo per chi è stato nella vita più in gamba e tenace nell'obbedire. I santi (che oggi la Chiesa ci invita a ricordare tutti insieme), ci appaiono come una schiera di "primi della classe", amati e premiati dal professore, e che fanno sentire noi "gli ultimi", che non potranno mai essere come loro.
Essere santi ci sembra solo sinonimo di rigore morale assoluto, conversione totale senza ritorno o dubbio e assoluta certezza su Dio e gli insegnamenti della Chiesa.
Il canto della montagna di Gesù, ci insegna che la beatitudine è prima di tutto dono di Dio, e non nostro traguardo. E' Lui che dona il regno, è Lui che consola e dona misericordia, è Lui che ci chiama figli...
A noi rimane solo di fidarci di questo, e di non pensare che povertà, fatica, dubbio, insuccesso... possano toglierci questo dono. Anzi, il messaggio delle beatitudini ci dice che è proprio nelle situazioni umane più difficili che Dio ci viene incontro.
Un sacerdote mi ha suggerito questa lettura molto interessante della santità: la santità non è un premio finale di "buona condotta", data solo a quei pochi che la Chiesa ufficialmente proclama. La santità è un "incentivo" iniziale che è dato a tutti. A tutti fin da subito è data la presenza e la forza di Dio. A tutti Dio dà fiducia, proprio come Gesù ci ha insegnato con la sua storia, quando ha chiamato a sé i discepoli senza prima testarli o chiedendo raccomandazioni. Si è fidato subito di loro, e loro hanno avuto poi tutta la vita per vivere il dono dell'amicizia ricevuta.
Coloro che stanno sugli altari, e che oggi ricordiamo, hanno avuto la capacità di accorgersi e di fidarsi del dono di santità che anch'io ho già ricevuto. Hanno saputo spendere bene nella loro vita, fatta di alti e bassi, di errori e continue conversioni dl cuore, il dono di Grazia che viene da Dio, cioè il suo potente amore.

Non vorrei mai scendere da questo monte delle beatitudini, perché da qui Dio mi sembra davvero più vicino e assai meno minaccioso di come viene a volte dipinto da chi non lo conosce realmente.
Da qui sento lontani giudizi e pregiudizi e l'unica vera preoccupazione non è "essere più bravo" di chi mi sta accanto, ma la mia preoccupazione è far si che la potenza liberante del "beati...beati..." giunga al cuore di tutti, a cominciare proprio da chi mi è vicino.


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