Omelia (13-02-2009)
Paolo Curtaz


Devono tacere i miracolati, devono stare zitti, far finta di niente. Misterioso atteggiamento del Maestro che non vuole suscitare un movimento basato sul sensazionalismo, saggia decisione di Gesù che, allora come oggi, sa che il miracolo è la conversione del cuore, non il fatto in sé. Comprensibile atteggiamento di Pietro che suggerisce a Marco cosa scrivere, duramente e definitivamente segnato dalla propria cocente delusione. Lui, Pietro, aveva solennemente professato la messianicità di Gesù a Cesarea, primo fra i Dodici e, perciò, Gesù gli aveva affidato la tutela del deposito della fede. Ma quella professione entusiasta aveva poi dovuto essere masticata e spezzata dalla croce. Perciò Pietro suggerisce ai suoi lettori e a noi: non dite "Cristo" se prima non siete passati nella durissima notte dello spirito. Vero: sappiamo se siamo credenti solo quando siamo saliti sul Golgota. Paolo, prigioniero a Roma, ormai in procinto di essere giustiziato, scrive a Timoteo di avere conservato la fede e di essere pronto a sciogliere le vele. Preghiamo il Signore e Pietro di aprire i nostri cuori alla fede, di aprire le nostre labbra alla proclamazione della sua regalità e signoria nella nostra vita.