Omelia (16-02-2009)
Paolo Curtaz


Non ci è dato alcun segno. Quando provochiamo Dio, quando lo sfidiamo, quando, con arroganza, pretendiamo una risposta, Dio tace. E tace lungamente. Non sto parlando della lotta fra l'uomo e Dio, alla ricerca di senso, come quella di Giacobbe con l'angelo. Lotta drammatica e sofferta lungamente analizzata dai grandi mistici nella storia della Chiesa, no. Qui si parla dell'atteggiamento spocchioso di una civiltà (?) che crede di potere tutto, di avere in mano il segreto della vita e del Cosmo. O, peggio, visto che Gesù risponde ai farisei, della saccenza che, ahimè, talvolta si incontra anche negli uomini di Chiesa che pensano di avere l'esclusiva della verità totale. Per trovare Dio occorre mendicare, sì, ma con la consapevolezza del proprio limite. Non siamo noi a dettare le condizioni, non siamo noi a costringere Dio all'angolo. Gesù sospira davanti a tanta durezza di cuore: come se un segno fosse sufficiente. Gli stessi uomini, davanti alla resurrezione di Lazzaro, si prenderanno la briga di andare a denunciare Gesù. Attenti a non ricattare Dio, amici, anche per cose all'apparenza giuste e sacrosante. La vita è e resta mistero. E mistero irrisolto resta il rapporto col Dio accessibile e totalmente altro.