Omelia (23-02-2009)
Paolo Curtaz


«Credo, aiutami nella mia incredulità». La preghiera del padre deluso dall'intervento degli apostoli è, forse, la più vera, la più autentica, la più disarmata e disarmante preghiera di tutto il vangelo. Non blandisce il Rabbì, questo padre solo preoccupato della salute del figlio, non ne fa una questione di fede o di teologia, vuole solo che il suo bambino stia meglio. E lo ammette. C'è bisogno di fede perché il miracolo avvenga? Lui lo riconosce: non ne ha a sufficienza. E Gesù interviene, guarisce, capisce, condivide. Chiederà forse qualcosa che il padre non riesce a dare colui che sulla croce troverà una scusa per i suoi uccisori? Quanta umanità in questo Dio! Quanta compassione e tenerezza! E gli apostoli, teneri... scesi dal Tabor sono ormai convinti di potere tutto, di avere capito, di riuscire, in tutta umiltà, a salvare il mondo. No: Dio solo salva il mondo, lui solo ci redime, lui solo ci rende capaci di diventare sua trasparenza. Attenti amici neo-convertiti: se anche il Signore vi ha portato con sé sul Tabor (e ringraziatelo!) dovete ancora camminare molto per potere, come Cristo, farvi carico della sofferenza degli altri.