Omelia (24-02-2009) |
Paolo Curtaz |
Che stridore, amici, che stridore! Gesù è appena sceso dal Tabor, ha appena guarito il ragazzo che gli apostoli, tontoloni, non sono riusciti a guarire e parla della propria morte. Gesù vede che le cose stanno prendendo una bruttissima piega, il suo progetto di salvezza si sta arenando sulle secche della diffidenza e l'aperta opposizione dei farisei. Che fare? Le parole, i miracoli, la predicazione non sono serviti. Intorno a sé Gesù vede crescere l'ostilità. E Gesù, in un momento di profonda commozione e di comprensibile sofferenza proclama: egli è disposto a continuare anche se dovesse morire a causa dell'annuncio! E gli apostoli di che parlano? Di chi farà il primo ministro dell'ormai imminente Regno del Messia... Tragica idiozia di noi uomini! Incredibile povertà dei discepoli! Non hanno capito nulla, sono lontanissimianche solo dall'immaginare ciò che sta per accadere! E Gesù che fa? Si mette da parte, non guarda al proprio dolore e ancora insegna ai suoi attardati compagni: fra voi non sia così, guardate la disarmante semplicità dei bambini. Quando anche nella Chiesa non capiamo il valore immenso del servizio e dell'umiltà, meditiamo profondamente la pagina dell'incomprensione di Dio... |