Omelia (07-03-2009)
Paolo Curtaz


Se amiamo coloro che ci amano che cosa facciamo di straordinario? Pagina destabilizzante, quella di oggi, vertice del vangelo, scomoda e inusuale, politicamente scorretta, acida, insopportabile. Eppure vera. Non siamo discepoli del Nazareno per diventare dei bravi ragazzi, per diventare testimoni delle buone maniere e dell'ovvio, ma per accendere il fuoco, per lasciarlo divampare nei cuori, per lasciarci invadere dall'immensa tenerezza di Dio! È possibile giungere ad amare i propri nemici? No, ovvio. È possibile solo se l'immensa tenerezza di Dio ci riempie e ci aiuta a superare il vincolo del buon senso. Gesù propone di imitarlo nel dono assoluto, nella spogliazione di sé, nella frantumazione dell'essere. Dio per primo ha amato i suoi detrattori ed è giunto a morire per essi! Il nostro mondo necessita di paradossi, di testimoni, di gesti autentici e profetici! Il perdono del nemico, l'abbandono della vendetta, il superamento dell'odio, vissuto e praticato da molti cristiani in molte comunità, valgono più di mille prediche, di diecimila orazioni. San Paolo, che ci accompagna in quest'anno pastorale, ha vissuto sulla propria pelle il paradosso del vangelo e del perdono ai nemici. E ne è morto, come il Maestro...