Omelia (12-03-2009)
Paolo Curtaz


Non ha nome il ricco che banchetta senza vedere Lazzaro. Non ha nome, non ha storia, ignora Dio e Dio lo ignora. Non è una persona malvagia, probabilmente ha anche una qualche fede. Solo è distratto, non vede, non si accorge che la povertà abita sotto casa sua. Solo un cane ha tenerezza per il povero Lazzaro. La morte, ‘a livella come diceva Totò, mette tutto a posto: entrambi devono lasciare tutto. E, di colpo, il ricco si accorge di avere creato un abisso a causa del suo egoismo. Un abisso di indifferenza che gli impedisce la relazione, di essere abbracciato col padre Abramo, un abisso che lo separa anche dai suoi famigliari (Ma da dove sbucano?). Possiamo essere delle persone oneste e scavare abissi, possiamo sentirci a posto e fare bene le cose, e non accorgerci del povero che muore alla nostra porta. No, il discepolo non ha ricette semplici, non ha soluzioni immediate per superare la povertà e l'ingiustizia del mondo ma, almeno, se ne occupa. E ne soffre. San Paolo, nella concretezza della sua situazione, organizza una colletta per i poveri della comunità di Gerusalemme e lo sente come un imperativo assoluto. Non avremo risorti che ci vengono a ricordare questa verità: usiamo bene ciò che abbiamo!