Omelia (21-03-2009)
Paolo Curtaz


No, non siamo migliori dei non credenti. Ma almeno non peggiori! Intendo dire: abbiamo anche noi le nostre pecche, qualche angolo oscuro della coscienza, qualche debolezza inconfessabile. Ma c'è chi sta cento volte peggio di noi, guardatevi intorno! Gente senza morale e senza Dio che commette ogni nefandezza, come il pubblicano là in fondo... Che dura, questa parabola, Signore! Abbiamo appena scoperto la bellezza della tua presenza, siamo tutti contenti di avere messo te nella nostra vita ed ecco che ci chiedi di abbandonare l'orgoglio spirituale. La ragione è semplice: tu solo leggi i cuori e non giudichi secondo le apparenze. Il pubblicano è peccatore, e lo sa. Non si giustifica, né promette conversione, né auspica cambiamenti. È consapevole della sua immensa fragilità, non pretende, non presume, non accampa diritti. Cerca solo perdono. Quando capiremo che il Signore ci chiede solo l'autenticità? Che ci sono situazioni in cui oggettivamente non si riesce a cambiare? Il fariseo esce dal tempio senza avere incontrato Dio. Non c'è posto per Dio, il suo cuore è colmo di se stesso. Il pubblicano, invece, esce fuori con una presenza che, speriamo, lo aiuterà a scegliere la luce...